Il tema che si pone è essenzialmente capire quali siano tratti distintivi (o, simmetricamente, caratterizzanti) di ciò che è formazione-istruzione e ciò che è lavoro
Un sistema di istruzione-formazione capace di creare conoscenze e competenze utili per approfondire con successo ulteriori percorsi di studio e aggiornamento e/o per entrare con buone basi negli organici delle aziende è il miglior presupposto per il funzionamento del meccanismo di incontro tra domanda di lavoro (espressa dalle aziende) e offerta di lavoro (proveniente dai lavoratori).
L’aggancio tra i due mondi avviene, certo, con l’analisi di quali insegnamenti risultino maggiormente utili per una successiva spendibilità nel mercato del lavoro, azione tanto più necessaria quanto più l’insegnamento e la formazione abbiano un carattere tecnico e specialistico. Accanto alla strategia formativa e all’attenzione all’evoluzione dei lavori e dei metodi di lavoro, l’aggancio è opportuno sia anche materiale e concreto.
Il che avviene col contatto diretto tra lo studente o la persona in cerca di lavoro ed inserita in percorsi di formazione e l’azienda. Come è logico ed evidente a chiunque, accanto alla teoria ed ai laboratori, l’esperienza diretta nell’attività è fondamentale per la creazione di competenze operative.
Tra istruzione/formazione, da un lato, e lavoro, dall’altro, quindi si creano istituti in parte qualificabili come “intermedi” e altri come vere e proprie situazioni miste.
La regolazione del tirocinio non assicura la cesura tra attività lavorativa e formazione, che c’è nell’apprendistato. Le mescola insieme in modo inscindibile, sì da giungere appunto ad un contratto di lavoro vero e proprio, giuridicamente però non qualificato come tale, nel quale mancano tutte le controprestazioni datoriali essenziali, come retribuzione e versamento dei contributi.
e qui nascono i problemi che l'intero articolo a questo link cerca di dipanare:
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