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Il nuovo pacifismo segue le sue strade non l’agenda politica

A ogni rumore di cannone riprende vigore la giaculatoria “ma dove sono i pacifisti?”, rilanciata da chi subito chiude le orecchie per non ascoltare la risposta. A costoro, forse, dei pacifisti come delle vittime dei conflitti non interessa nulla, presi come sono dalla vis polemica che serve solo ad affermare se stessi.

Per gli interessati alla risposta ecco alcune tracce per scoprire dove sono e cosa fanno i pacifisti, i disarmisti, i nonviolenti. È ancora forte lo stereotipo del pacifista che se ne sta zitto e buono a casa e poi, quando scoppia un conflitto armato, corre in piazza con la bandiera arcobaleno a protestare e invocare la pace.

Un pacifismo di sola testimonianza (utile, ma alla fine poco efficace) che non ha mai potuto fermare alcuna guerra e serviva cinquanta anni fa, quando si doveva imporre il tema della pace nell’agenda dell’opinione pubblica. Il tempo è passato e il movimento è cresciuto, dandosi obiettivi politici e strutture organizzate.
Oggi un movimento pacifista e nonviolento maturo non deve farsi dettare l’agenda politica dai lanci di agenzia, ma seguire una propria strategia, condurre proprie campagne costruendo e allargando reti di relazioni e operando nei conflitti reali. Lontano da chi lo giudica solo dalla presenza nelle piazze.

Quattro esempi:
1 - L’intensa attività di Rete italiana pace e disarmo evidenzia la capacità di studio, elaborazione e analisi che i pacifisti possono mettere in campo ...
2 - La campagna "Un’altra difesa è possibile" con la raccolta di firme a sostegno dei una legge di iniziativa popolare  ...
3 - Una politica di relazioni e solidarietà internazionale ...
4 - Il forte impegno nell’attuazione di un servizio civile universale ...

Con questi esempi non vogliamo però eludere il punto decisivo del dibattito: “Il pacifismo è vivo o è morto?” La domanda è seria, e necessita di una risposta seria. Il vecchio pacifismo (quello che già Aldo Capitini chiamava «pacifismo generico» per distinguerlo dal “pacifismo integrale” che identificava con la nonviolenza) è morto, perché ha concluso il suo compito storico. Possiamo anche fissare la data: ottobre 1989, abbattimento del muro di Berlino.
Con il nuovo scenario internazionale e le guerre correlate (ex-Jugoslavia e Iraq) è nato il nuovo pacifismo, quello umanitario.
Lo aveva prefigurato Alex Langer: «Un movimento per la pace che fosse fatto principalmente o esclusivamente di marce e petizioni per chiedere disarmo o condanna di certe aggressioni militari non avrebbe grande credibilità, soprattutto se si limitasse ad invocazioni generiche di pace cui nessuno potrebbe dirsi contrario, ma dalle quali non deriva nessun effetto concreto. Sono convinto che oggi il settore R&S, ricerca e sviluppo della nonviolenza, debba fare grandi passi in avanti e non debba fermarsi alle ormai tradizionali risorse».


La descrizione dei 4 esempi e l'intero articolo di Valpiana e Vignarca

a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202202/220222valpianavignarca.pdf



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