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Oggi 20 febbraio, sentirlo dalle sue labbra è diverso


Ha vissuto più di trent’anni con quella popolazione che oggi fa memoria di quel massacro che pesa sulla nostra coscienza come l’oblio più pesante dell’Italia. Padre Giuseppe Cavallini sa bene quanto dobbiamo ancora chiedere perdono per una storia di colonizzazione made in Italy ritenuta da sempre “più buona” delle altre. Oggi, 20 febbraio 1937, veniva dato l’ordine di massacrare la popolazione come rappresaglia per il fallito attentato a Graziani. “In pochi mesi circa 20.000 persone vengono uccise. Due anni dopo allo stesso Graziani il gen. Maletti ordina la «liquidazione completa» di monaci e pellegrini etiopi a Debre Libanos -le stime del massacro oscillano tra 1.400 e 3.000 vittime. Ma ciò che più ci dovrebbe inquietare oggi è che nessuna personalità italiana abbia finora sentito la necessità di portare nemmeno una corona di fiori a Debre Libanos in tanti e tanti viaggi effettuati in Etiopia nella storia repubblicana”. (Andrea Riccardi, 7 marzo 2017)

Alla cita il nuovo direttore di Nigrizia ha commentato il vangelo dell’amore che per secoli la Chiesa ha non solo dimenticato, in Africa e in mezzo mondo. Abbassando la testa Cavallini cita le incredibili affermazioni dell’arcivescovo di Milano, pronunciate mentre migliaia di italiani “brava gente” riteneva la popolazione una razza inferiore, selvaggi da civilizzare e cristianizzare e per i quali tanti italiani dicono anche oggi “però gli abbiamo fatto le strade” (titolo del saggio di Francesco Filippi), infrastrutture costruite per i colonizzatori come strumento di dominio:
"Cooperiamo con Dio a questa missione nazionale e cattolica di bene mentre sui campi d’Etiopia il vessillo d’Italia reca in trionfo la Croce di Cristo, spezza le catene degli schiavi, spiana le strade ai missionari del Vangelo" (Card. Shuster, Arcivescovo di Milano, 28 ottobre 1935)
Quel Cristo africano impigliato nelle reti dei pescatori del vangelo di due domeniche prima, ha colpito padre Giuseppe e padre Elio, entrambi comboniani che hanno chiesto alla piccola comunità della Cita di non stancarsi dei aprire gli occhi e i riti all’Africa, terra Madre dell’umanità.
(Nandino)

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