Il Festival ha saputo tornare a essere evento, quella «cosa» che tutti devono guardare, quella di cui si parla. È il meccanismo dei social, ogni giorno un trend, qui il trend si allunga per cinque giorni. Sanremo così è uscito dalla televisione.
Non è più uno show con la musica a fare da contorno a star internazionali e comici con canzoni che sono mal sopportate perché fanno flettere la curva degli ascolti. È tornato ad essere quello che promette dal titolo, il Festival della canzone italiana.
È cambiata la musica e Amadeus lo ha colto (merito anche al pioniere Baglioni). In passato gli artisti discograficamente più forti del momento non si sarebbero mai esposti in gara. Al limite ci andavano come superospiti, a fare passerella.
Rkomi, Sangiovanni e Blanco invece sono al numero 1, 2 e 4 della classifica album del 2021. Era anche raro che nomi importanti, senza una carriera da rilanciare, si facessero convincere: Elisa e Morandi invece ci sono. Così le canzoni dominano la classifica e mai come quest’anno vanno in radio.
Amadeus è il collante: misurato, al servizio dello spettacolo, capace di mettere tutti a proprio agio, una dote umana che oltrepassa lo schermo del televisore, la sua forza è stata quella di usare un linguaggio trasversale, capace di colpire occhi e cuore delle diverse generazioni, il cast più «largo possibile», una scaletta ritmata perché viviamo in tempi in cui la soglia di attenzione si è accorciata.
Certi temi poi (il razzismo, l’orazione civile su Falcone e Borsellino, il racconto sulla disabilità, anche le provocazioni innocue di Lauro) sono connessi allo stato emotivo del Paese che, nonostante nicchie retrograde che fanno rumore, è forse meglio di quello che pensiamo.
(Andrea Laffranchi - CorSera)
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