Derubati dei vestiti, denudati e al gelo: così si muore alle porte d’Europa

La denuncia del ministro turco dell’Interno Soylu: li hanno rimandati indietro senza scarpe né vestiti. Erdogan attacca l’Ue: «Insensibile di fronte a chi fugge per salvarsi». 19 le vittime


Li hanno trovati nel villaggio turco di Pasakoy. Diciannove corpi privi di scarpe e vestiti, stesi sul terreno a meno di dieci chilometri dalla frontiera greca, da sette anni porta principale della “fortezza Europa”. Là, giorno dopo giorno, sfilano, nascosti nella boscaglia, uomini, donne, bambini in fuga dal Medio Oriente o dall’Asia in fiamme. Obiettivo: attraversare il fiume Evros, in bilico tra Turchia e Grecia, e varcare la soglia del Vecchio Continente. La gran parte delle volte non ci riesce.

Come i dodici di Pasakoy, nel distretto di Ipsala, nell’Edirne. Secondo le autorità turche, le vittime facevano parte di un gruppo più ampio, di ventidue persone (solo il giorno successivo si è saputo che le vittime sono state non più 12 come riportato inizialmente, ma 19, ndr). Il ministro dell’Interno Suleyman Soylu ha denunciato sui social che i profughi sarebbero riusciti a raggiungere la Grecia ma sarebbero stati bloccati e ricacciati indietro della guardie di confine. Non prima, però, di essere privati dei pochi avere, inclusi gli indumenti indispensabili per proteggersi dal freddo che, dunque, li ha stroncati. Quando la polizia di Ankara li ha trovati, undici erano già morti congelati. Il dodicesimo si è spento poco dopo in ospedale. «Ancora una volta, l’Europa si è dimostrata priva di soluzioni, debole e insensibile», ha tuonato Soylu che non ha precisato la nazionalità, il genere o l’età dei profughi.


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