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Costruire la pace

Vogliamo la pace? L’unica via è costruirla con mezzi pacifici. Ricordando che non combattere con le armi non equivale ad arrendersi o a rimanere inermi
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Pace e guerra sono termini polisemici e l’ambiguità semantica porta con sé una fondamentale confusione nel ragionamento, che è di grave ostacolo nel concepire soluzioni alternative alla guerra per risolvere il conflitto. Certamente quando c’è un conflitto si rompe un equilibrio. Il risultato oltre ad essere distruttivo può rivelarsi però anche trasformativo: si può, infatti, raggiungere un equilibrio più avanzato. Quando Eraclito scriveva che dalle cose in contrasto nasce l’armonia più bella e tutto si genera per via di contesa, aveva ben chiaro l’elemento generativo del conflitto. Viceversa, la guerra è la patologia del conflitto, la sua degenerazione violenta. Questo accade quando nessuno se ne fa carico, se ne prende cura o, peggio, quando lo si alimenta, ad esempio con l’invio di armi. La guerra non è ineluttabile, è piuttosto il risultato di precise scelte politiche e non può mai essere strumento per raggiungere la pace. Al contrario, è una modalità di intervento sul conflitto arcaica e inefficace, come decenni di ricerche sul tema hanno dimostrato. Questi studi ci hanno anche insegnato che le guerre raramente sono di breve durata e di bassa intensità e che con il tempo tendono a trasformarsi, infliggendo alle popolazioni civili sofferenze sempre maggiori, cosa che sta succedendo anche in Ucraina.

Passiamo ora ad analizzare i concetti di forza e violenza, anch'essi spesso sovrapposti nel dibattito pubblico. La forza non è necessariamente violenta e la violenza spesso non è indicazione di forza (...)

Veniamo all’idea di resistenza. Essa non deve essere necessariamente armata per funzionare. Come ci ha ricordato la storica Anna Bravo (...)

Insomma, non combattere non equivale ad arrendersi o a rimanere inermi, significa non usare violenza (che non è la stessa cosa della forza). I grandi maestri della nonviolenza ci hanno insegnato che la nonviolenza non è semplice rifiuto o mera astensione dalla violenza, né resistenza passiva. Al contrario, è qualcosa di positivo, un fare ma «in un certo modo, ed è radicata in una teoria della prassi e in un’etica della responsabilità». La sua forza, proprio, per il suo trattare l’altro come un essere umano, sta nella potenzialità di riuscire a spostare l’equilibrio morale e, con esso, l’equilibrio di potere. I nonviolenti, dunque, non sono “anime belle” convinte di risolvere le guerre mettendo fiori nelle canne dei fucili, ma donne e uomini che, riflettendo a fondo sulle possibili conseguenze delle loro azioni, si adoperano al fine di resistere alla violenza con mezzi pacifici, spesso rischiando moltissimo.

La nonviolenza implica il non condannare le azioni di Putin? O il negare l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia? Certamente no. Significa usare la forza rifiutando la violenza. Significa provare a costruire la pace con la pace e non con la guerra ...


L'intera articolata riflessione di Valentina Bartolucci a questo link:

https://www.rivistailmulino.it/a/costruire-la-pace?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+7+-+13+giugno+%5B8601%5D


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