Che genere di Dio. L’ideologia che non c’è

“Sì è un maschio”… dice una donna incinta con un sorriso sulle labbra e un orgoglio intimo a chi le chiede di che sesso sarà il nascituro. Inizia così la questione del genere: esso è il valore, il senso, il significato, il destino o i sogni che associamo alla determinazione sessuale di una persona.


Gli studi di genere non intendono affermare che maschi e femmine non esistono o non sono differenti, ma che il sesso non è il genere. Cioè il sesso è un dato con cui si viene al mondo ma il genere è il valore, il colore, il ruolo, il significato, il carattere, i limiti e le aspettative che io attribuisco al sesso. Siccome non c’è un diretto collegamento tra ciò che un neonato racchiude nel pannolino e il futuro stipendio che avrà se uomo o donna, si capisce che il problema avviene in ciò che accade tra quando nasce e quando diventa adulto. Quanto accade nel frattempo si chiama “costruzione sociale”. Il genere quindi appartiene alle aspettative sociali e ai valori culturali. Ecco perché si dice che è una “costruzione sociale”. Si tratta piuttosto delle aspettative sociali o delle convinzioni che abbiamo introiettato così in profondità  da sembrarci “naturali” (nel senso di un destino meccanico che viene dalla morfologia).

Iniziai a occuparmi del tema ‘se la donna fosse creata a immagine di Dio’ in occasione della stesura della mia tesi di dottorato in teologia, contro la mia volontà. Mi sembrava infatti una questione inutile, superata, perché la Bibbia era lì da sempre a dire che la donna è creata ad immagine di Dio (Gen 1,27).  Studiando però la storia della teologia su questo tema, mi trovai a misurarmi con interpretazioni (che possiamo chiamare ‘costruzioni’) di quel dato biblico inammissibili e penalizzanti per le donne, interpretazioni di cui si potevano seguire modifiche e sviluppi nel corso della storia, ma anche processi involutivi.


L'articolo della teologa Selene Zorzi a questo link:




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