L’apostolo Paolo non si è risparmiato nell’annunciare il Vangelo e ha conosciuto persecuzioni e sofferenze. “Ora, alla fine della vita - afferma il Papa -, vede che nella storia è ancora in corso una grande “battaglia”, perché molti non sono disposti ad accogliere Gesù”. Proseguire la sua opera, il suo “combattimento” tocca ora ai fratelli della comunità. Ciascuno di noi, sottolinea Francesco, è chiamato ad essere missionario e “a offrire il proprio contributo”:
E qui mi vengono in mente due domande. La prima è: cosa posso fare io per la Chiesa? Non lamentarsi della Chiesa, ma impegnarsi per la Chiesa. Partecipare con passione e umiltà: con passione, perché non dobbiamo restare spettatori passivi; con umiltà, perché impegnarsi nella comunità non deve mai significare occupare il centro della scena, sentirsi migliori e impedire ad altri di avvicinarsi. Chiesa sinodale significa: tutti partecipano, nessuno al posto degli altri o al di sopra degli altri. Non ci sono cristiani di prima e di seconda classe, tutti, tutti sono chiamati.
Dopo aver a braccio richiamato al dovere di sconfiggere il clericalismo più volte definito come "il tumore della Chiesa", Papa Francesco osserva che l’annuncio del Vangelo "non è neutrale, non è acqua distillata", “non lascia le cose come stanno”, al contrario, “accende il fuoco del Regno di Dio laddove invece regnano i meccanismi umani del potere, del male, della violenza, della corruzione, dell’ingiustizia, dell’emarginazione”. La seconda domanda proposta dal Papa allora è: “cosa possiamo fare insieme, come Chiesa, per rendere il mondo in cui viviamo più umano, più giusto, più solidale, più aperto a Dio e alla fraternità tra gli uomini?”. Dobbiamo essere lievito nella pasta del mondo, è la risposta di Francesco:
Insieme possiamo e dobbiamo porre gesti di cura per la vita umana, per la tutela del creato, per la dignità del lavoro, per i problemi delle famiglie, per la condizione degli anziani e di quanti sono abbandonati, rifiutati e disprezzati. Insomma, essere una Chiesa che promuove la cultura della cura, della carezza, la compassione verso i deboli e la lotta contro ogni forma di degrado, anche quel degrado delle nostre città e dei luoghi che frequentiamo, perché risplenda nella vita di ciascuno la gioia del Vangelo: questa è la nostra “buona battaglia”, questa è la sfida.
(fonte: VaticanNews)
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