La lettera di Pentecoste della Comunità di Bose: " Una speranza è possibile"

Una lettera ricca di temi, densa, da meditare paragrafo per paragrafo


In tempi difficili come quelli che stiamo vivendo abbiamo bisogno più che mai di parole che ci aiutino a guardare oltre. Non per fuggire un presente che va conosciuto e abitato fino in fondo, con responsabilità, ma per aprire sentieri di comprensione e di speranza, per ridare respiro soprattutto a chi più fatica a immaginare una via che gli impedisca di cedere alla disperazione.

Inizia così la Lettera della Comunità monastica di Bose, poi si sviluppa incrociando il tema della pandemia, della e delle guerre: 

Ci siamo illusi che bastasse dire “mai più la guerra” per chiudere definitivamente un’epoca, ma così non è! Il male che abita – insieme al bene – il cuore umano non manca di manifestarsi, e di continuare a mettere alla prova la nostra convinzione di essere, da noi stessi e in modo assoluto, capaci di bene.
Eppure Gesù era stato così chiaro con chi si pretendeva buono e pronto a esporre i frutti della propria rettitudine: “Nessuno è buono, se non Dio solo” Mc 10,18). Abbiamo tutti bisogno di conversione. Tutti, come singoli, come comunità, come chiese e società.
Quando smettiamo il cammino, illudendoci di essere giunti, ecco che inizia la distruzione. Le guerre, infatti, come ogni conflitto, che altro sono se non il segno di chi – singolo o comunità – ha perso il senso della prospettiva, di quell’oltre che supera ogni essere e ogni comunità.

Passa poi a delineare quale può essere il compito dei cristiani e delle chiese (al plurale!): Innanzitutto trasformare lo sguardo, per vedere altrimenti una situazione che sembra dominata da parole che vanno passate al crogiolo dell’Evangelo. 

È necessario un mutamento di sguardo porta alla consapevolezza che laddove la dignità di un essere umano è offesa, il cristiano ha l’obbligo di fare tutto ciò che l’Evangelo gli ispira, per intervenire a sua difesa, esercitando una responsabilità che si fa cura e intercessione. La cura è atteggiamento che previene le sofferenze.

In questa lunghezza d’onda, la risposta cristiana al male diviene anche movimento di intercessione. Che può far sorridere o alzare le spalle a chi è estraneo alla fede cristiana, e portarlo perfino a pensare che la preghiera sia un rincorrere il male senza aver la forza di vincerlo, e dunque, alla fin fine, giustificarlo. Tuttavia, sempre guardando a Cristo, che “alla destra di Dio intercede per noi” (Rm 8,34), il cristiano non può non farsi intercessore


L'intera lettera della quale sono stati dati solo alcuni cenni, a questo link:

https://www.monasterodibose.it/comunita/lettera-agli-amici/15133-una-speranza-e-possibile

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