Ciò che l'Europa non ha imparato dalle guerre

La guerra in Ucraina è solo l’ultima di una serie di guerre della postmodernità iniziate trent’anni fa nella ex Jugoslavia. È necessario un cambio di paradigma per ripensare la pace e la nonviolenza


Se ne osserviamo i tratti, i proclami e la conduzione, la guerra in Ucraina potrebbe apparire come un residuo della storia. Alla virulenza dell'armamentario nazionalistico (dalla sacralità dei confini agli sbocchi sul mare, dalle leggi di sangue e suolo alle rivendicazioni di terre che nella storia hanno conosciuto attraversamenti e bandiere di diverso colore) corrisponde una guerra casa per casa, villaggio per villaggio, con l'assedio delle città e la distruzione delle infrastrutture civili e culturali. Rivivono scenari novecenteschi: dolore, distruzione e tutto quel che già sappiamo della guerra, che pure non viene indagata a dovere, malgrado accompagni da sempre la vicenda umana come presenza archetipica. Tanto che ogni volta ci si stupisce di quanto possa essere profondo l'abisso.

Talvolta si ha la sensazione che il tempo si sia fermato, come se si stesse riavvolgendo una pellicola consunta, in luoghi che hanno continuato a versare lacrime e sangue nel cuore orientale dell'Europa, di questa Europa così presuntuosa da pensarsi immune, nonostante sia stata l'epicentro delle due guerre mondiali e del suo tragico ritorno nella regione balcanica e nell'area caucasica. Un residuo della storia, dunque? Così leggemmo trent'anni fa quel che avvenne nei Balcani, questa volta nel cuore profondo dell'Europa, quando a Sarajevo si chiuse quel secolo che proprio nella capitale bosniaca era iniziato con l'assassinio che diede il via alla alla Prima guerra mondiale.

Emerse in quegli anni tutta la superficialità di cui era capace l'Occidente. Si dissero per lo più cose banali, stupide. Guerre arcaiche ed etniche, popolazioni sanguinarie... Luoghi comuni come supplenza al vuoto di analisi e di conoscenza di un tessuto storico e culturale, sociale e psicologico. Che accompagnava, tranne rare eccezioni, una diplomazia diplomazia internazionale interessata e cinica....

L'articolo di Michele Nardelli continua a questo link:

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