La terza domenica di luglio ricorre a Venezia la Festa del Redentore. Le letture della liturgia sono splendide: Ez 34,11-14; Rm 5,1-11; Gv 3,13-17
Nell'occasione pubblichiamo due brani di due omelie di Marco Ce' in questa festa.
Alzare gli occhi verso Gesù redentore, crocifisso per la salvezza di tutti e proclamarlo Figlio di Dio, significa vedere in lui il volto di ogni uomo, soprattutto dei fratelli più deboli. Consentitemi di nominare coloro che oggi sono i più dimenticati: gli anziani, per molti dei quali l’estate e l’incubo della solitudine; i giovani, sembrano forti, ma sono deboli. Quei giovani i quali la nostra generazione adulta ha procurato un benessere che noi, alla loro età, non abbiamo conosciuto - e questo non è un male - senza però aver saputo offrire valori; quei valori per cui valga la pena di vivere, di faticare giorno per giorno e, oggi come ieri, talora anche morire. Quei valori che non ci offrono le future generazioni proclamandoli a parole, ma testimoniandoli nella vita, nelle istituzioni e nel disinteresse con cui si servono. Quei valori di cui noi - generazione che oggi sei gestisce il potere in tutte le sue eccezioni, con tutte le responsabilità che esso comporta; chi fa politica e cultura, civile e religiosa - dovremmo essere educatori e, invece, talora non lo siamo. Non lo siamo perché ci manca l’unica forza per educare: la testimonianza della vita.
Perché ricordo anziani e giovani e, se mi fosse possibile, chiamerei per nome tutti coloro che hanno bisogno di qualunque tipo di aiuto? Perché la festa del redentore è la festa della vita che riprende a sperare. Il risorto, mentre ci abilita a sperare nella salvezza, mobilità tutte le nostre forze.
Perché ricordo anziani e giovani e, se mi fosse possibile, chiamerei per nome e tutti coloro che hanno bisogno di qualunque tipo di aiuto?
Perché la festa del redentore è la festa della vita che riprende a sperare. Il Risorto, mentre ci abilita a sperare nella salvezza, mobilita tutte le nostre forze - le forze della genialità, dell’intelligenza, dell’arte, le energie creative e lavorative – per dare contenuto alla speranza.
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Se parlo a cristiani, devo dire loro che il nostro atteggiamento di fronte ai problemi che stiamo vivendo investe l’autenticità dell’annuncio del Vangelo che non è un’ideologia, o soltanto un complesso di affermazioni su Dio, ma è la testimonianza che un Dio che è sceso nella storia dell’uomo, si è fatto uno di noi, fratello di tutti in Gesù, ha operato la salvezza assumendo su di sé i pesi dell’umanit, e ora vuole portare a compimento la salvezza degli uomini sempre mediante Gesù, però non ha più umani, a solo le nostre mani.
Il Vangelo di Gesù non è finito con la sua ascensione al cielo. Se così fosse, sarebbe un libro morto. Il Vangelo di Gesù non è finito con la sua ascensione al cielo. Se così fosse, sarebbe un libro morto. Invece è un libro vivo, perché ciascuno di noi deve scrivere il suo capitolo di Vangelo: ciascuno sotto il proprio nome, ma per conto di Gesù. Invece è un libro vivo, perché ciascuno di noi deve scrivere il suo capitolo di Vangelo: ciascuno sotto il proprio nome, ma per conto di Gesù.
Celebrare la festa del redentore, oggi, non può essere fatto eludendo i problemi della società: la redenzione si compie nella storia e questo significa che il volto storico dei problemi e l’impegno a risolverli hanno rilevanza sul modo di vivere la fede. La ricorrenza del redentore e quindi festa e giudizio; è una pagina del Vangelo, scritta in un modello culturale di quattro secoli fa, che esige di essere riattualizzata.
Se questo non avvenisse, la parola di Dio ci direbbe che è inutile venire al tempio, perché Dio non è più qui, è emigrato.
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