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Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni

La ricchezza, usandoci e isolandoci, ci sfigura in una entità senza relazioni umane
Accumulare per sé, invece di assicurarci il domani, ci fa perdere l’oggi

Il superfluo (Raffaele Gatta)

Oggi Gesù ci narra la parabola dell’uomo ricco che continua ad accumulare beni per illustrare ciò che ha appena detto: “Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni”. 

Da un lato queste parole di Gesù sono quanto di più contrario ci sia alla nostra mentalità, poiché l’illusione riproposta, o sottintesa, di continuo è che la vita di ognuno/a dipenda dai soldi, da quanti più ne ha e avrà. E che dunque darsi al guadagno di soldi e di beni sia l’unica garanzia di vita, il farmaco insuperabile contro l’angoscia dell’irrilevanza e dell’insuccesso. 

Ma dall’altro lato la nostra esperienza intima non è lontana dalla parola di Gesù: chi infatti non sa, nel profondo del suo cuore, che non dai suoi beni superflui ha ricevuto forza vitale per la sua vita e aiuto contro il venir meno del senso, ma dalle relazioni umane di amore gratuito? 

Eppure, deprivati di silenzio, anche di quello necessario per conoscere noi stessi, nell’illusione di soffocare la mancanza e l’inquietudine, ci lasciamo espropriare di quel desiderio che è solo nostro, e cediamo alla cupidigia che pure ci abita, accumulando beni invece di condividerli in relazioni di fraternità, fonte di vita e di gioia per noi.

Nella parabola la ricchezza di quest’uomo lo ha reso suddito dei suoi beni. Egli rimanda i suoi desideri e la gioia ancora una volta, svelando l’illusione della ricchezza: non noi la possediamo ma lei ci possiede e ci comanda

Perché, invece, non distribuire ai suoi operai ciò che non ci stava nei magazzini già colmi, per una gioia condivisa e non più rimandata? 

Nelle parole che l’uomo ricco rivolge a sé stesso scopriamo che il perché è l’intimo deserto della sua illusione, l’angosciosa assenza di chiunque altro oltre a lui. La ricchezza, usandolo e isolandolo, lo ha sfigurato in una entità senza relazioni umane; ha spento in lui la coscienza degli altri, il bisogno e la responsabilità che ha di loro, e viceversa; e la memoria che non c’è gioia senza altri accanto a sé cui essere grati della loro presenza.

Ed è proprio sulla piaga di questa dolorosa mancanza che Dio mette il dito chiedendogli: “Chi disporrà di tutto questo?”. E questa è la domanda cruciale che è rivolta anche a noi: nella ricerca del nostro bene personale, sappiamo che ci darà vita e gioia solo il bene e i beni condivisi con altri e altre? 

Arricchire in Dio significa, almeno, il contrario di arricchire solo per sé. Perché Dio, l’Altro per eccellenza, nella Bibbia rappresenta per ciascuno/a anche la presenza e il diritto degli altri/e. La terra e i suoi beni infatti sono di Dio, e cioè non sono miei né nostri, e li riceviamo come benedizione sul nostro lavoro per goderne nella condivisione. E solo quando sono condivisi i beni ci procurano il dono più grande: amiche e amici per oggi e per sempre. Mentre accumulare per sé, invece di assicurarci il domani, ci fa perdere l’oggi, l’unico spazio per ricevere e dare vita condividendo ciò che siamo e abbiamo. 

Infatti i tanti beni di quell’uomo non solo non lo difendono dalla morte, ma nascondendogliela, gli fanno perdere la preziosità dell’oggi e rimandare sempre la vita e la gioia.

(Sr Maria di Bose)

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