Iran, l’arresto di Panahi e il cinema che spaventa i regimi. Il suo nuovo film sarà comunque alla Biennale del Cinema

Il pluripremiato regista è stato incarcerato nuovamente, come già accaduto molte volte negli ultimi decenni. Prima di lui altri colleghi e colleghe. La prova della forza pervasiva del cinema iraniano. Che, seppur in clandestinità, terrorizza il regime del paese mediorientale.

Il nuovo film di Panahi "No Bears" sarà presente alla Mostra del Cinema di Venezia che inizierà il 31 agosto.


È il terzo in meno di una settimana, ma il suo nome è probabilmente quello più conosciuto a livello internazionale. Jafar Panahi è il terzo regista arrestato a Teheran nel giro di pochissimi giorni, dopo i colleghi Mohammad Rasoulof e Mostafa Al-Ahmad, nei confronti dei quali Panahi aveva espresso solidarietà sui social, condannando l’aggressione che i due film maker avrebbero subito nelle loro case, così come la sistematica violazione dei diritti umani e civili nel paese mediorientale.
Il regista è stato da sempre considerato scomodo, semplicemente perché i suoi film, sospesi tra realismo asciutto, scarno e al tempo stesso intrisi di struggente poesia, hanno raccontato al mondo la vita degli iraniani dopo la rivoluzione khomeinista del 1979, la sofferenza della borghesia colta e quella delle classi popolari, unite dalla stessa oppressione, che il più delle volte si riversa soprattutto sulle donne e sui bambini, entrambi protagonisti prediletti da Panahi. E sono infatti storie di bambini sia l’esordio Il palloncino bianco che il successivo Lo specchio, che il Morandini definisce «Una deliziosa variazione su due temi di base del cinema iraniano: i bambini e il cinema nel cinema».


L'intero articolo di presentazione del regista e della sua opera di Valentina Gentile a questo link:




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