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Giovanni il Battista e il suo mondo

Al centro della II Domenica di Avvento c'è la figura di Giovanni Battista che, si può dire, faceva parte del movimento giudaico degli esseni. All’epoca di Gesù questo gruppo erano sicuramente più di 4.000 e si allacciavano, intersecandosi, a quella galassia molto variegata dei gruppi apocalittici e messianici.




In genere quando noi pensiamo agli esseni ci viene in mente Qumran ma, quella realtà monacale, era solo un piccolo gruppo radicale scismatico (una trentina di persone?) in aperta polemica con il Tempio che contestavano a 360 gradi, mentre il movimento essenico era molto più vasto, ramificato e con differenze anche non indifferenti tra un gruppo e l’altro.


Gli esseni si differenziavano dagli altri gruppi giudaici (farisei, sadducei, zeloti ...) perché non si riferivano alle Scritture del Pentateuco di Mosè, bensì a quello di Enoc. I due Pentateuchi si confrontavano continuamente e c’è chi sostiene nel Tempio di Gerusalemme fossero custoditi entrambi in armadi diversi. Il nocciolo del confronto stava nell’origine del male, quindi del peccato e le modalità per farvi fronte, combatterlo e vincerlo.


Possiamo, tagliando con l’accetta, definire il Pentateuco di Mosè come le Scritture del Patto o dell’Alleanza, mentre quelle di Enoc come quelle della misericordia. Per i primi il peccato sta nell’incapacità degli uomini di rimanere fedeli all’Alleanza e, quindi, la soluzione sta nella volontà dell’uomo di rimanere tutta la sua vita sotto la signoria di Dio (la sequela della sua volontà).

Per i secondi il male e il peccato sono stati introdotti nel mondo da degli angeli che, scesi sulla terra, si unirono alle donne che partorirono dei giganti (traccia di questo in Gen 6, 1 ss; nel Pentateuco di Enoc a partire dal libro dei Vigilanti per svilupparsi in seguito negli altri). Questi erano certamente una deformazione dell’ordine della creazione di Dio che, per riportare a quella originale, rinchiuse quegli angeli nello sheol e mandò il diluvio che uccise tutti i giganti. Però, essendo questi il frutto del rapporto tra esseri immortali e donne mortali, il loro corpo perì, non i loro spiriti che continuano a girare nella terra a portare disordine nella creazione, cioè il peccato. 


Per sconfiggere questi spiriti/demoni o diavoli (con i quali Gesù si scontra spesso come per esempio in Mt 8,30 ss e “diavolo” è una parola di origine greca dia-bolos; dia=dividere – bolos=cose, cioè colui che divide, separa l’uomo da Dio e dalla sua volontà) c’è bisogno di un essere superiore a loro e agli angeli proveniente da Dio. La sconfitta del male e del peccato allora si configura come un’azione di misericordia di Dio, l’uomo da solo non può nulla da parte di un Messia celeste che, nel Libro della Parabole di Enoc, viene assimilato alle figure chiamate il “Figlio dell’Uomo” e l’”Eletto”. Lo sviluppo di questi temi, qui appena accennati, si intrecciano e si evolvono all’interno del Pentateuco di Enoc e nei Testamenti dei 12 Patriarchi oggi poco conosciuti nel mondo cristiano ma tradizioni ben vive in tutta l’epoca dei Padri della Chiesa.


Con una grande approssimazione si può dire che Gesù opera fondendo nel suo messaggio le due tradizioni: quella del Patto mosaica e quella della Misericordia di Enoc. In seguito Paolo procede ad una sistemazione organica che proseguirà nei primi secoli della Chiesa per prendere forma definitiva nei primi quattro Concili ecumenici (Nicea 325, Costantinopoli 381, Efeso 431 e Calcedonia 451).


Tutti gli aspetti storici qui appena appena accennati, formano una ricchezza oggi possibile grazie al confronto di diversi testi: dai ritrovamenti nelle grotte di Qumran, alla presa d’atto che il canone della Chiesa Copta comprende anche il Pentateuco di Enoc che, essendo scritto nella lingua bustrofedica etiope ge’ez, era di difficile interpretazione. Quelli che fino a 50-60 anni fa erano solo frammenti disordinati provenienti da diverse tradizioni e, per lo più in greco, ora è stato possibile raccordarli dando profondità e spessore allo sviluppo della teologia cristiana che non è quel monolite che siamo abituati a pensare, ma che ha avuto un suo sviluppo lungo i secoli.

(BiGio)

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