L'angelo fa a Maria un saluto che ci viene rivolto costantemente al quale non ci facciamo (colpevolmente) assolutamente caso
Un gruppo di case abbarbicate su di un costone della Galilea abitate da un pugno di famiglie in abitazioni mezze grotte e mezze case con gli animali che danno da vivere, c’è una ragazza per nulla diversa da tutte le altre che, un giorno, mentre sta svolgendo più o meno diligentemente i compiti affidateli di tutti i giorni, in parte anche ripetitivi, si sente salutare da uno sconosciuto: “Salve”.
Avrebbe potuto ignorarlo: le ragazze di buona famiglia non rispondono a saluti rivolti da sconosciuti. È un consiglio che i genitori forse danno ancora oggi alle loro figlie adolescenti. Oppure, tutta presa in quello che stava facendo, accordargli uno sguardo distratto.
Maria no, uno straniero la saluta e si ricorda quello che le hanno raccontato più volte in famiglia e in Sinagoga in occasione delle feste, di quello che Dio ha fatto. Ha appreso che il popolo di cui fa parte, era schiavo in Egitto, là dove era andato come straniero per sfuggire alla carestia. Ricorda che il Signore lo liberò, lo guidò e per quaranta anni e lo protesse da ogni pericolo.
Le torna alla mente l’affermazione di Deuteronomio (10,18): “Dio fa giustizia all’orfano e alla vedova, ama lo straniero e gli dà pane e vestito”, ma anche il Salmo 146,6: “Il Signore protegge i forestieri, sostenta l’orfano e la vedova”.
La cura per questi figli del popolo e dell’umanità ricorre in più passi molto importanti delle Scritture ebraiche ora come invito a prendersene cura, ora come rimprovero per averli trascurati. A loro va riservata parte del frutto della terra, non raccogliendo il racimolo della spigolatura e quanto può essere per loro nutrimento durante il viaggio. Il frutto dei campi, dono di Dio e del lavoro dell’uomo, deve essere condiviso perché benedizioni del Signore (Deut. 26, 11), .
È per questo che gli presta attenzione e, in quel saluto, c’è un tono diverso, di gioia: “Salve Maria, il Signore è con te!”. Anche qui, forse, si è ricordata e le è risuonato un altro passo della Scrittura: “Gioisci, esulta, figlia di Sion perché ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te” (Zac 2,14). È un invito di gioia che le chiede e impedisce di rimanere passiva. Segue poi quella sottolineatura “piena di grazia” non perché sia graziosa nell’aspetto e gentile nelle movenze, bensì perché il risuonare in lei della Scrittura l’ha riempita dell’amore di Dio. L’uomo, le donne non sono dei vasi vuoti che Dio secondo una sua bizzarra volontà riempie più o meno di “grazia”, cioè del suo amore. I salmi ci invitano a chiedere “Al mattino Signore aprile mie labbra alla tua lode, fa attento il mio cuore alla tua parola”. Siamo noi che ci rendiamo più o meno disponibili ad essere raggiunti dal suo amore che, comunque, lui riversa su di noi: “Ogni giorno apri la tua mano e sazi il desiderio di ogni vivente” (Ps 145). È qui che nasce quell’avvenga di me secondo la Sua Parola perché, nelle parole dell’Angelo, Maria riconosce quelle di Dio e lei non può che essere la “sua serva”, quella che obbedisce per scelta non per costrizione o casualità. Chissà quante volte Maria ha pregato con le parole del salmo 143: “Insegnami a fare la tua volontà, perché sei tu il mio Dio. Il tuo spirito buono mi guidi in una terra piana” e ha detto con gioia: “fare la tua volontà, mio Dio, questo io desidero” (Ps 40). Maria non può che essere coerente con se stessa.
Queste preghiere dovrebbero essere tutti i giorni sulle nostre labbra come lo furono in quelle di Maria. Sono queste che la portano a dare attenzione non distrattamente a quel “Salve, il Signore è con te” perché in queste ha saputo leggere “Il Signore è in te e fa di te la sua dimora” secondo le parole prima citate di Zaccaria. In fin dei conti, se ci facciamo caso, è l’annuncio che nelle nostre Eucaristie il prete ci fa e l’assemblea offre una risposta sotto
Riprendendo poi le osservazioni iniziali sull’attenzione data da Maria allo straniero, penso siano sempre di grande attualità. Ci suggeriscono di annunciare con forza l’opera di Dio a favore delle persone che tendiamo a non vedere, anche se stanno lì, ai nostri confini, a ogni semaforo, a ogni angolo di strada, all’ingresso dei negozi, nei nostri condomini, nelle scuole che frequentano i nostri ragazzi. Stranieri che migrano e poco importa se “economici o meno”, l’importante è che giungano vivi all’altra parte del mare che è fatto per unire, non per separare. Non sono gli egiziani che Dio ha travolto nel mar Rosso impedendo loro di raggiungere gli israeliti in fuga dall’oppressione, dalla miseria della schiavitù e, comunque, ricordiamo che poi – afferma il midrash – il Signore ha impedito agli angeli di aggiungersi al coro di festa intonato da Anna perché “anche loro sono miei figli”.
(BiGio)
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