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La missione dei Carmelitani scalzi a Bruxelles tra povertà, problemi sociali ed Istituzioni. Padre Conotter (priore): “Dobbiamo essere un ramo dove le persone vengono a poggiarsi. Un punto di riferimento”

Quando si pensa ad una missione è più facile immaginarla in un luogo dove manca ogni tipo di confort e le strade sono polverose, invece i sandali di alcuni religiosi percorrono quotidianamente anche strade ben asfaltate, piene di traffico e che si svolgono tra vetrine di negozi e palazzi. È questo l’esempio dei Carmelitani scalzi a Bruxelles, presenti con la loro missione già dal 1600 con la generazione subito dopo quella di santa Teresa di Gesù, la fondatrice della congregazione assieme a san Giovani della Croce, e dal 1993 retti dalla provincia veneta con tre frati, tra il quali il priore padre Stefano Conotter che sente la responsabilità del loro incarico, “abbiamo ereditando una storia molto lunga e anche gloriosa”

L’inizio del cammino della comunità dei Carmelitani scalzi a Bruxelles è segnato da due polarità che caratterizzano il loro carisma: la fondazione di eremi dove vivere una vita completamente contemplativa, e la creazione di collegi per preparare i frati che partivano in missione. “Certamente c’è uno slancio. La missione attuale è perché Bruxelles è una città cosmopolita, con 180 etnie diverse solo in questa regione. Un piccolo mondo”, racconta padre Conotter che, assieme ai 2 confratelli, cerca di vivere ogni giorno la vita religiosa il più regolarmente possibile, tra preghiera, studio, lavoro ed opera missionaria che prevede diversi impegni sul territorio con incontri e accompagnamento delle persone, messe e confessioni, garantite anche ogni giorno nella chiesa del loro convento in Toison d’Or. “La nostra collocazione a Bruxelles è in un crocevia. Tra l’Avenue Louise che è un quartiere borghese ed è piena di negozi di alta moda, il palazzo di Giustizia, il quartiere Marollen che è il più popolare, il Matonge che è il quartiere africano e, poco più lontano, le Istituzioni europee. Chi frequenta la nostra chiesa non è tipato ma c’è un bel melange”. Una mescolanza che, seppur italiano, il priore del convento dei Carmelitani scalzi a Bruxelles dimostra di avere difficoltà a tradurre mentre lo vuole raccontare, sintomo di una convivenza profonda con il territorio e con la gente che lo abita, come ad esempio chi lavora nel Parlamento europeo, nella Commissione europea o nel Consiglio europeo, nei confronti dei quali i frati non hanno un compito diretto pastorale, ma piuttosto un rapporto di amicizie che si è creato e che vivono quotidianamente.



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