Matteo da oggi ci presenta l’inizio della vita pubblica di Gesù che divide in tre parti: la figura di Giovanni, il battesimo di Gesù, la sua prova nel deserto. Oggi viene proclamata solo la prima nella quale la figura del Battista appare indipendente dal suo rapporto con Gesù, che gli si avvicina a partire dal versetto seguente a quello che conclude l’Evangelo di questa domenica.
Nel brano di oggi Giovanni annuncia il giudice e il giudizio escatologico: “Colui che viene dopo di me è più forte di me (…) egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la palla e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con fuoco indistinguibile”.
Giovanni non dice chi sia questo “più forte” di lui. Gli evangeli danno per scontato che si tratti di Gesù, il quale compare subito dopo sulla scena suggerendo o, con questo, affermando che lui sia colui che il Battista – chiamato anche il Precursore – attendeva più che indicava. In ogni caso questa è l’interpretazione cristiana della relazione tra i due e (nonostante il v. 14 che sarà proclamato nella festa del Battesimo di Gesù), nel capitolo 11 che sarà l’Evangelo di domenica prossima Giovanni è ancora incerto e non sa se Gesù sia o meno il Messia da lui atteso e gli manda a chiedere se “è lui colui che deve venire”.
Il Battista è vestito come Elia (2Re 1,8), il profeta che doveva precedere il Messia e, infatti, è con questo che Gesù lo identificherà. La sua dieta è basata su rigide regole di purità per non essere contaminato da nulla; non mangiava nemmeno pane perché nel suo passaggio di mano in mano avrebbe potuto essere contaminato.
La sua figura e la sua predicazione è convincente tanto che “Accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”. Qui è opportuna una precisazione perché, nell’Evangelo di Matteo la remissione dei peccati è esclusivamente in relazione a Gesù: è solo il suo sangue che ha potere espiatorio. Quale funzione allora ha il battesimo di Giovanni? La risposta a questa domanda sta nel movimento religioso ebraico all’interno del quale lui è partecipe e parte integrante: quello essenico (vedi il post immediatamente precedente "Giovanni il Battista e il suo mondo": https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2022/12/giovanni-il-battista-e-il-suo-mondo.html ).
Era certamente un esseno messianico-apocalittico radicale e nel suo modo di vivere come pure nel suo linguaggio che troviamo nell’Evangelo di oggi, traspare tutta questa realtà: è una voce che non suggerisce, ma grida che il Messia con la sua ira è imminente, il suo Regno è vicino; nulla può salvarci, nemmeno l’essere figli di Abramo. La sua scure è già posta alle radici degli alberi (di ciascuno uomo), tiene in mano la pala per separare il frumento dalla paglia che sarà bruciata in un fuoco inestinguibile e, il fuoco, è uno dei segni di manifestazione del divino come, per esempio, il roveto ardente sul Sinài.
All’epoca i diversi movimenti religiosi in Israele delineavano quattro figure messianiche diverse. Il Messia che attendeva Giovanni è un giudice che non avrebbe usato misericordia, che avrebbe portato con sé la soluzione più radicale e risolutiva del problema del peccato: l’estinzione di chi lo compie e non c’è nessuno che non abbia commesso nemmeno un peccato in tutta la sua vita.
Il problema che allora Giovanni affronta, è quello del modo con cui i credenti in Dio avrebbero potuto difendersi dall’irruenza del fuoco che avrebbe portato quel Messia. Nella sua radicalità ne indica almeno tre: l’osservanza delle norme di purità, la conversione (il ritorno a Dio), e il battesimo di immersione nell’acqua. Quest’ultimo puntava a far ritornare il corpo puro nell’impegno della conversione e la conseguente rigida osservanza delle norme di purità.
Un battesimo, quello di Giovanni, che ricorda il passaggio del Mar Rosso mediante il quale il popolo, uscito dall’Egitto, fu salvato dall’esercito del Faraone rendendo gli israeliti nuovamente uomini liberi, purificati dall’oppressione del male.
Pratiche di purificazione, anche per immersione, che sussistono tutt’ora sia nella religione ebraica sia in quella islamica.
(BiGio)
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