III Avvento – Mt 11,2-11

Questa pagina ci chiede di interrogarci su cosa cerchiamo e guardiamo incontrando gli altri: l’apparenza? l’effimero? Oppure ... e ancora: speriamo giunga uno che risolva i nostri problemi, uno che ci “liberi” da ciò che ci opprime, un uomo "forte"? e se poi restiamo delusi perché ha altre priorità?

 


Nella I domenica di Avvento abbiamo ricevuto un invito: mantenere sempre accesa quella lampada che ci permette di rimanere svegli e attenti al Signore che viene nella nostra storia concreta. In questa ci è chiesto di vegliare sugli altri, per custodire e far crescere lo spazio dell’accoglienza: la loro salvezza è nelle nostre mani come la nostre nella loro. Questo è il luogo privilegiato nel quale il Signore ci parla e che trasformerà in definitivo (eterno!) ogni germe di amore che sapremo spargere nelle piccole scelte di ogni giorno. Non sappiamo quando questo avverrà ma è certo che accadrà.

Domenica scorsa Il Battista ci ha avvertito: il Messia sta arrivando forte e impetuoso, brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile, le nostre lentezze, le nostre obiezioni; la scure è già posta alle radici di ogni peccatore. Non basterà rifugiarsi dietro alla tradizione (Abramo come padre), o vivere in un tran-tran senza nerbo; era necessario fare frutti degni, veri, credibili di conversione; rimettere ordine alle priorità della vita dandone testimonianza, coscienti che non esistono valori se non incarnati in persone che li vivono e ne pagano il prezzo. L’onestà esiste in persone oneste, la giustizia è narrata da persone giuste. Costi quel che costi.

 

Il tempo passa, Giovanni è stato imprigionato, gli raccontano le opere di Gesù che sono molto lontane da quelle che lui si attendeva dal Messia e che aveva descritto. Certo, in quegli anni il dibattito era acceso su quali ne sarebbero state le caratteristiche. Erano almeno una decina le tipologie, non solo immaginate ma attese a partire dal Messia politico, passando per quello legale che avrebbe riportato la giustizia, giungendo a quello angelico o soprannaturale, fino al giudice inflessibile. Giovanni gridava con forza che avrebbe portato una soluzione radicale al peccato con l’estirpazione dalla faccia della terra di tutti i peccatori. Tutti correvano a lui per cercare di attenuare il giudizio che pendeva sulla loro testa: chi poteva dire di non aver mai commesso nemmeno il più piccolo dei peccati disattendendo a uno dei 613 precetti?

 

Invece raccontano al Battista che Gesù frequenta i peccatori, era considerato loro amico mentre anche il salmo 139 invocava Dio di uccidere i malvagi (v 19) e continua “Quanto odio, Signore, quelli che ti odiano. Quanto detesto quelli che si oppongono a te. Li odio con odio implacabile, li considero miei nemici”. Poi Isaia 61 annunciava che avrebbe liberato i prigionieri e lui attendeva questo … invece le opere che sente narrare nella sua prigionia non corrispondono alle sue aspettative.

 

Gesù non si meraviglia dei dubbi del Battista; la risposta che dà è sul piano pragmatico. Non c’è un “sì” o un “no”, invita a verificare i fatti: lui compie solo gesti di guarigione e di amore, nessun gesto di punizione o di condanna. È l’interlocutore a dover decidere avendo come condizione previa la libertà. L’interrogativo su chi sia Gesù e le risposte “con i fatti” che rilanciano la domanda a chi l’ha posta: “allora, tu, che dici?” è un tema ricorrente in tutto l’Evangelo di Matteo.

La risposta a Giovanni è sì un preciso riferimento alla profezia di Isaia ma, soprattutto, riferisce cinque miracoli che Matteo ha già narrato: i ciechi vedono (9,27), zoppi/paralitici guariscono (9,5), i lebbrosi pure (8,2), i sordi odono (9,32), i morti risorgono (9,18) e, il culmine, è l’annuncio ai poveri della lieta novella (5,3). Gesù così delinea anche la sua missione con caratteristiche profetiche e non sociali o politiche. È decisamente un Messia molto diverso da quello che si attendeva e annunciava Giovanni, sostanzialmente aderente all’immagine delle opere meravigliose che compirà Dio nell’era messianica come la Comunità di Qumran prevedeva e sperava.

 

Gesù però non perde la fiducia in Giovanni per i suoi tentennamenti e pone tre domande ai suoi discepoli: cosa siete andati a vedere quando siete corsi nel deserto? Un opportunista avvolto in morbide vesti o un uomo coerente con la schiena diritta? Un profeta? Si, più di un profeta, più di Mosè; ma il più piccolo è più grande di lui. 

Non c’è alcuna graduatoria in quello che Gesù dice. È solo l’evidenziare che chiunque si lascia avvolgere dall’amore incondizionato di Dio, supera ogni classifica umana che perde ogni rilevanza.

 

Questa pagina pone delle domande a chi è vigilante in attesa del Veniente: a cosa cerchiamo e guardiamo incontrando gli altri? l’apparenza? l’effimero? O il volto del Signore che viene?

Questo ha a che vedere su quale Messia noi attendiamo; se speriamo uno che risolva i nostri problemi, uno che ci “liberi” dalle nostre prigioni grazie ai suoi poteri, potremmo scandalizzarci. Gesù non fa cadere nulla dall’altro; è venuto invece per darci la forza di metterci alla sua sequela e perseguire il dialogo, la riconciliazione, la giustizia, trasformando le nostre spade in falci, le nostre lance in aratri: è questo che ci conduce all’agognata pace

Gesù è venuto per ridonarci la capacità di uscire dalla nostra cecità, vedere e dare il giusto valore alle cose; è venuto per darci la possibilità di rimetterci in piedi e riprendere il cammino nella giusta direzione, di non essere più sordi al grido dei poveri, di non provare più vergogna per la nostra lebbra (i nostri peccati) ma di essere sanati. Gesù è venuto per farci uscire dalle nostre tombe (risorgere) che è il nostro essere ripiegati su di noi stessi, esclusivamente sui nostri interessi e bisogni; ci rende capaci di aprirci alla sua vita che genera attenzione all’altro e, ponendoglisi a fianco, gli offre gli strumenti per poter risolvere i suoi problemi. 

C’è anche qualcosa per chi non ha nulla: l’annuncio di essere comunque amato da Dio.

 

(BiGio)

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