Si sta per compiere l’attesa di questo Avvento. Abbiamo avuto una promessa e l’affermazione che si compirà certamente con l’esortazione a non lasciarsi andare, ma a rimanere sempre presenti a quanto accade con gli occhi bene aperti e vigilanti perché l’inedito di Dio può accadere ogni momento, è in ogni istante che viviamo se riusciamo a coglierlo. Per tutti c'è un Angelo che ce lo rivela, come è accaduto a Maria, che il Signore è con noi e ha fatto di noi la sua dimora. Ce lo sentiamo ripetere ad ogni Messa. Maria ha acconsentito, noi ...
Anche Giovanni il Battista ci ha gridato di stare attenti perché il Messia e il suo regno ci è vicino, a contatto di gomito e ci ha chiesto di interrogarci su cosa cerchiamo, su cosa attendiamo. Se ci aspettiamo che arrivi qualcuno a risolvere i nostri problemi rimarremmo delusi.
La liturgia dopo averci fatto riflettere su tutto questo e con Luca sull’annunciazione a Maria oggi, con Matteo, ci fa porre l’attenzione a quella avvenuta a Giuseppe per dirci chi sarà il figlio di Maria.
La scorsa domenica si sono delineate quali fossero le attese del popolo di Israele e i diversi profili del Messia che sostenevano le differenti loro speranze: un re con un regno universale, un grande sacerdote, un osservante della Legge, un guerriero, un giustiziere dei peccatori. Gesù non incarnerà nessuna di queste tipologie cogliendo tutti di sorpresa: rifiuterà la violenza, non coltiverà ambizioni politiche, non sarà un giustiziere e nemmeno un sacerdote del culto.
Dopo averci indicato la genealogia di Gesù, Matteo sinteticamente, quasi come il titolo di un tema che svolgerà nel seguito del suo Evangelo, ce lo dice attraverso quanto accade a Giuseppe, un uomo “giusto” davanti a Dio. Questo aggettivo non disegna generiche qualità umane come la bontà o l’onestà, ma in modo decisamente specifico il suo essere conforme alla Torah, cioè essere giusto davanti a Dio, ovvero capace di osservare in modo irreprensibile tutti i comandamenti e i precetti del Signore.
Per questo, quando “si trovò” (questo termine sottolinea lo “stupore”) Maria incinta va in crisi. Il fidanzamento nell’ebraismo è già vincolante nel verificare la capacità delle famiglie di tener fede agli impegni assunti, mentre dopo circa un anno avviene la “santificazione” del matrimonio. Il fidanzamento è talmente vincolante che, se l’uomo moriva durante questo periodo, la giovane diventava una vedova.
In coscienza, secondo la Legge, a questo punto Giuseppe non potrebbe prendere in sposa Maria, dovrebbe invece dichiarare che il figlio non è suo e divorziare. Ma le vuole bene, cioè vuole il suo bene e, per questo, non vorrebbe alcun clamore su di lei.
Ma come fare a “divorziare” di nascosto quando, per essere “legale”, comportava la redazione di un documento ufficiale? Difficile venirne a capo, trovare la soluzione. Giuseppe si trova così dibattuto, è in uno stato di ricerca per poter in ogni caso rimanere fedele alla Torah; è cioè in un atteggiamento di ascolto, alla ricerca di quale sia la volontà di Dio su di lui e su di loro; sta quindi in preghiera.
Qui Matteo inserisce due immagini bibliche: l’Angelo e il Sogno: sono forme letterarie per dirci che è intervenuto direttamente il Signore a manifestare la sua volontà. Questo significa che, a un certo punto, Giuseppe intuisce cosa il Signore voleva da lui: "non temere, supera la tua ansia, il tuo turbamento e prendi Maria come tua sposa".
Matteo e Luca insistono sull’intervento di Dio perché in ebraico non c’è il termine “genitori”: c’è solo il padre, la madre fa – per intenderci con una brutta espressione– solo da incubatrice. Quando poi si dice “figlio di” (cioè il patronimico come, per esempio Bartimeo che significa “Figlio di Timeo”), esprime la realtà della somiglianza al padre del quale si vede nel figlio riflesso il mondo valoriale. Ecco perché nella maternità di Maria viene sottolineata la forza generatrice di Dio.
Giuseppe avrebbe però dato il nome al bambino nato (era la prerogativa dei padri): Gesù, cioè “Dio Salva”, un nome molto comune all’epoca come anche oggi in diverse parti del mondo.
Ma qui c'è qualcosa di diverso: di che salvezza si parla? Per noi può essere ovvio: dai peccati, ma allora non era così scontato. Al più aspettavano la salvezza dai romani o la distruzione alla radice dei peccatori. Ma nella salvezza dai peccati di Gesù non c’è nulla di punitivo. Dio non ci dà ordini, propone, ci indica una strada; sbagliare strada significa non raggiungere l’obiettivo e l’obiettivo proposto all’uomo è quello di essere simile a Dio. È nell’Esodo, sul Sinài che il Signore ce lo propone: “Fate agli altri quello che io ho fatto a voi: ho ascoltato la vostra sofferenza, la vostra oppressione e vi ho dato gli strumenti per poterla superare e tornare ad essere pienamente liberi, umani”. Quando accumuliamo per noi stessi, quando ci abbandoniamo a dissolutezze, quando ci imponiamo agli altri fino alla violenza ed alla guerra, perdiamo la nostra umanità, diventiamo "disumani". Gesù è venuto ad aiutarci a correggere questi orientamenti sbagliati, ridandoci dignità e la possibilità di realizzare nella nostra vita, quella pienezza di vita alla quale ci chiama.
L’Angelo poi completa l’annunciazione citando una profezia e, con questa, completando il delinearsi a quale compito è chiamato quel bimbo che sta per nascere: sarà il “Dio che salva” per essere per sempre il “Dio con noi”, l’Emmanuele, fino alla fine dei tempi: “ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” saranno le parole di Gesù che chiuderanno l’Evangelo di Matteo.
L'invito di questo Evangelo allora è quello di rimanere attenti alla storia nella nostra vita di tutti i giorni, di saperla leggere alla luce della Scrittura piuttosto che da quello legale e, questo, avviene quando nella preghiera per capire cosa dobbiamo fare, come dobbiamo agire, lasciamo spazio all'ascolto dell'Angelo. È però necessario che tutte le nostre tensioni si plachino e riposino nel Signore della nostra vita che è quel "custodire nel proprio cuore, meditandole" non quanto abbiamo sentito, ma quanto abbiamo ascoltato, come Luca ci racconta faceva Maria. Allora le due "Annunciazioni", quella a Maria e quella a Giuseppe, si compenetrano e completano vicendevolmente.
(BiGio)
Il commento è pedagogico: si conoscono e comprendono le usanze del tempo, la personalità umana e spirituale di Giuseppe, l'intervento di Dio non attraverso angeli che svolazzano, ma la preghiera che tutto può se è ascolto, relazione. Si sente l'amore di Giuseppe, di Dio e ... dell'autore del commento.
RispondiEliminaGRAZIE
Maria Ferrari