Un conflitto che si trascina da anni, la presenza massiccia e aggressiva di al-Shabaab, la carestia, la fame. In Somalia, l’annosa instabilità politica e sociale e la crisi climatica hanno creato una combinazione catastrofica (termine usato dall’ex segretario della Nazioni Unite, Ban Ki-moon). È da anni che la gravità della situazione è evidente. Da anni è anche chiaro che sarebbe - molto probabilmente - peggiorata. La parola in sé è drammatica: carestia. Causata da una siccità considerata la peggiore negli ultimi 40 anni. A pagarne le conseguenze i bambini, prima di tutto. “Oggi in Somalia, ogni singolo minuto di ogni singolo giorno, un bambino viene ricoverato in una struttura sanitaria a causa di una grave malnutrizione acuta”. È l’Unicef a raccontarlo, a rendere visibile attraverso i numeri la gravità del momento. Sempre secondo l’Agenzia dell’ONU quest’anno in Somalia sono già morti 964 bambini, quasi il doppio rispetto allo scorso anno.
Sei le aree più colpite dalla siccità, territori che coprono la maggior parte del paese. Solo un dato per comprendere in modo immediato quanto sta avvenendo (e con quale velocità la fame si sta espandendo): a marzo di quest’anno erano 4,9 milioni i somali colpiti dagli effetti della siccità, il mese dopo erano già 6,1 milioni. Poi si è passati a 6,7 milioni di affamati. E oggi si parla di 7,8 milioni di somali – circa la metà della popolazione - che non hanno sufficiente sostentamento a causa della siccità estrema. Tutto questo nel giro di pochi mesi. Cifre, dunque, destinate a salire se non si trova il modo di intervenire. Subito. E subito appare allo stesso tempo un refrain e una parola priva di senso. È da decenni, infatti, che questo paese è soggetto a periodi di siccità intensa e le immagini dei reportage ci hanno quasi abituato a file infinite di profughi privi di forze che cercano sostegno nei campi allestiti dalle ONG o dalla comunità internazionale; a bestiame riverso a terra e morto di sete; a bambini spauriti e malnutriti.
Alla siccità non si sopravvive. Eppure, in Somalia, non si tratta di una novità. Non si tratta di un evento improvviso che nessuno poteva o ha saputo prevedere. Si tratta di ricorsi storici (non solo climatici). Nel 1992 il paese fu colpito da un grave disastro umanitario, le cui radici, secondo gli osservatori, risiedono nel ventennio di dittatura di Siad Barre (1969-1991). E nel modo in cui questa dittatura finì, con l’avvio di una prima guerra civile. Gli anni di Barre – all’epoca il presidente dittatore aveva un forte alleato nella Russia – significarono cancellazione del dissenso, diritti umani calpestati e anche scelte economiche che non garantirono crescita del reddito e della sicurezza sociale. Negli ultimi tempi della battaglia, per cacciare via il padre padrone, le truppe di Barre si ritirarono verso il sud e il sud-ovest, verso il granaio del paese. Dove ancora oggi si produce l’80% del sorgo consumato dai somali.
L'intero reportage di Antonella Sinopoli a questo link:
https://www.valigiablu.it/somalia-sud-sudan-carestia/
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