II di Avvento A – Mt 3,1-12: un messaggio che invita senza mezzi termini all'umiltà, all'essenzialità, alla testimonianza coraggiosa

Matteo identifica Il Battista con la voce di Isaia quasi che il suo messaggio risiedesse in quel suo grido. In Esodo (2,23) Dio ascolta il grido del popolo di Israele dalla schiavitù pur non lanciato verso di lui (non si era ancora rivelato al popolo che, quindi, non lo conosceva …).

È una precisa caratteristica dei profeti quella di percepire anche il grido silenzioso dei poveri, dei sofferenti, lo interpretano, lo fanno emergere, ne danno voce. In queste “grida” è sempre insito un progetto, una prospettiva di salvezza e le indicazioni per raggiungerla. Il grido rompe il silenzio, penetra la storia offrendo l’opportunità di modificare la realtà. “Beati voi, poveri” dirà in seguito Gesù e, come è già stato segnalato nel commento alla festa di Tutti i Santi del 1° novembre, Chouraqui, traduce con un invito ad alzarsi e a mettersi in marcia per modificare la propria situazione.

Una voce che grida nel deserto che, più di una situazione fisica, appare come un cammino che non termina mai: una esperienza di fede. Per Isaia è quel cammino nel quale preparare una via al Signore per permettergli di raggiungerci superando le nostre convinzioni (le colline da spianare) che gridano sicure: Abbiamo Abramo come padre.

 

Tutti noi, cristiani, siamo chiamati fin dal nostro Battesimo, ad essere “profeti”, “re” e “sacerdoti”, ma siamo capaci di percepire il grido di chi soffre e di dargli voce all’interno di un processo di aiuto? Forse, ne abbiamo fatto l’abitudine; oppure siamo troppo attenti ad ascoltare noi stessi da non avere interesse per gli altri, rinunciando così di essere quella via per la quale Lui viene e incontra tutti gli uomini.

 

Una voce che grida nel deserto raddrizzate i suoi sentieri: la via al Signore di Isaia (“Venite saliamo sul monte del Signore”, domenica scorsa), nel Vangelo di oggi, diventa la via del Signore.

Non ci è chiesta una conversione in senso morale e neppure una spiritualità nuova, ma di entrare nella dinamica storica là dove l’uomo si incontra con Dio e viceversa: è Lui che viene, non noi che andiamo a Lui. A noi è chiesto di stare in mezzo gli uomini a camminare con loro e le sue strade spesso tortuose: ma è in queste che siamo chiamati ad incontrare il Signore.

Non ci è chiesto non di fare “qualcosa”, bensì di essere noi stessi quella via attraverso la quale il Signore viene, di fare della nostra persona un annuncio della sua venuta, una strada attraverso la quale lui viene per gli altri che ci incontrano. Questo significa diventare segni, dei segnavia che indicano il Messia e che indirizzano a Cristo

Giovanni ammonisce: verrà un Messia forte e impetuoso che brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile, brucerà e brucia le nostre lentezze, le nostre obiezioni; squarcia le tenebre, vince ogni paura, separa la luce dalle tenebre (come in un costante primo nuovo giorno di una nuova creazione). Non basta rifugiarsi dietro alla tradizione (Abramo come padre), o vivere in un tran-tran senza nerbo; il suo invito è: fate frutti degniveri, credibili di conversione.

C’è da chiedersi quanto noi siamo convintamente su questi sentieri percorsi dagli uomini, se camminiamo realmente assieme a loro, sia come singoli che come Comunità …

 

In questo cammino di Avvento oggi il Precursore ci offre tre suggerimenti importanti da far nostri e concretizzare: umiltàessenzialitàtestimonianza coraggiosa.

Umiltà nel riconoscere il primato di Dio nella nostra vita in uno stile di vita sobrio mettendo ordine nelle priorità, dando testimonianza con coraggio della Lieta Notizia che è l’Evangelo attraverso il nostro agire nella vita quotidiana, essendo coscienti che non esistono valori se non incarnati in persone che li vivono e ne pagano il prezzo. L’onestà esiste in persone oneste, la giustizia è narrata da persone giuste. Costi quel che costi. Come avverrà per Giovanni.

(BiGio)

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