Questo settembre, in Romania ho visitato una chiesetta di legno sulla sua facciata, sopra la porta di ingresso un affresco sbiadito dell’icona della Natività ma nella mangiatoia non c’era il Bambin Gesù, ma una croce.
Questo ha sorpreso i miei amici ma non me. In fin dei conti, se si guarda bene quella l’icona e si conosce il linguaggio iconografico che è teologico e non narrativo, non si può non notare come dove è collocato Gesù non è una mangiatoia ma un sarcofago e la sua fasciatura è quella dei morti. Non per nulla la corretta traduzione della narrazione di Luca dice che è stato "deposto" e, questo termine è usato un'altra volta in riferimento a Gesù: dopo la crocifissione viene "deposto" in una tomba. Nell'icona il Bambino è anche all’interno di una grotta buia al centro di una montagna: solo il bue e il mulo (non un asino: due animali considerati impuri perché non possono generare) sono con lui a dirci che fin dall'inizio il Signore è venuto per stare con gli esclusi. Solo un angelo guarda verso il Bambino offrendogli un drappo rosso, il colore dell’amore fino al versamento del suo sangue per tutta la creazione. Anche Maria guarda altrove, in direzione opposta a dove è deposto suo figlio meditando quanto è stato annunciato ai pastori.
Tutti i personaggi sono fuori dalla grotta, sulle pendici di quel monte che richiama il Golgota: la croce sarà posta su quella sommità e, in quell'icona sotto lo strumento del supplizio, c'è una medesima grotta buia. È lo sheol sul quale Gesù, il Sabato Santo, scenderà per riscattare dalle tenebre della morte Adamo ed Eva e, con loro, l’umanità intera. Queste tre icone, Natività, Crocifissione, Discesa agli Inferi/Resurrezione, sono legate in un unico racconto da quella grotta buia che sarà illuminata dalla luce del Risorto.
Questo a dirci che il Natale è comprensibile e assume senso solo alla luce della croce e della risurrezione. In fin dei conti, il giorno dell’Epifania, il Diacono annuncerà tutte le feste liturgiche partendo dalla Pasqua di Risurrezione per giungere, alla fine come ultima, il Natale: tutto dipende dalla Pasqua, tutte le feste che scandiscono il nostro cammino nella storia di ogni anno e, tutte, vanno lette alla sua luce. Senza di questo perdono, smarriscono il loro vero significato, la loro essenza.
Attenzione poi, che tutto questo non è poi così alieno o raro nemmeno nella nostra cultura occidentale. Per esempio c’è un quadro di Rembrandt molto significativo ed esemplificativo in merito (vedi il post immediatamente precedente a questo: https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2022/12/rembrandt-nella-nativita-la-croce-segno.html). È quello a cui abbiamo ridotto il Natale che ce lo fa dimenticare. Non per nulla anche la Notte come pure tutto il periodo natalizio, iniziamo le nostre liturgie e la nostra preghiera segandoci con la croce. Purtroppo non ci facciamo affatto caso.
Questo nulla toglie alla gioia di questo giorno nel quale riconosciamo che il Signore è venuto, viene e verrà. Saper accorgerci che lui è già presente nella nostra storia di tutti i giorni, in ogni momento della nostra vita è stato il messaggio dell’Avvento; scoprirlo non può che essere un’esplosione di gioia condivisa che, nella liturgia dura una settimana come, guarda caso, la festa della Pasqua di Risurrezione.
(BiGio)
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