e-mail della Parrocchia: ss.risurrezione@patriarcatovenezia.it - Telefono e Fax: 041-929216 - ........................................................................... e-mail del Blog: parrocchiarisurrezionemarghera@gmail.com

III di Pasqua: Gesù, uno straniero che ci fa tornare a casa

I due di Emmaus prendono il Risorto per uno «forestiero». Socialmente è una persona che non aveva uno status, era senza diritti, protezioni e garanzie: un rifiutato, come avviene oggi. Ma quel Gesù trattato come uno «forestiero», perché apre un nuovo futuro, diventa anche un atto di accusa nei confronti del nostro mondo.

Da Gerusalemme ad Emmaus: dalla speranza alla delusione: «Noi speravamo che fosse Lui a liberare Israele…». I due discepoli avevano investito tutto in quel «profeta potente in opere e in parole». Invece si ritorna a casa, alla vita di prima. Sembra di leggere la storia di tante vite, anche oggi: hai sognato, hai investito tanto, hai lottato. È chiuso: torniamo a casa, tiriamo i remi in barca. Disillusioni.

Che discorsi! Luca annota il molto parlare: «Conversavano…discutevano…questi discorsi ». I verbi greci parlano di monologhi, di superficiali ricerche e di parole gettate contro. Mi chiedo quante delle nostre parole sono così. E a ragione Gesù potrebbe chiamare anche noi, come quei discepoli, «stolti e lenti di cuore». La superficialità e la lentezza chiudono gli occhi: «I loro occhi erano impediti a riconoscerlo». Per grazia, Gesù risorto, «da forestiero» si affianca al nostro cammino. E questo mistero che ci sorprende: quando non vediamo, Lui c'è, come c'era lungo quella strada buia ed isolata. Quando poi lo riconosciamo e vorremmo trattenerlo, catturarlo nei nostri pensieri, nelle nostre definizioni, nelle nostre «stanze», scompare.

Ma allora ci chiediamo: quali sono i momenti della invisibilità di Cristo che corrispondono paradossalmente alla sua presenza in mezzo a noi? Luca risponde indicando innanzitutto il momento delle Sacre Scritture. Qui sta la differenza. Le parole di Cleopa e del suo compagno di viaggio erano parole che non concludevano, erano cronaca. Senza la parola di Dio si fa cronaca. Con la parola di Dio si compiono operazioni di saggezza, di senso: è come se sulle vicende della vita si proiettasse la sapienza della Croce: là dove sembrava annullata la speranza è germogliata una cosa nuova. Allora si può ricostruire la speranza ascoltando il Signore Gesù che ci parla nelle Scritture e che spezza il pane con noi e, spezzandolo, ci invita a fare altrettanto: a essere, comunque, nonostante le smentite, un pane buono e spezzato.

La spontanea reazione dei due discepoli, dopo aver riconosciuto Gesù risorto dai morti, è la decisione di ritornare immediatamente a Gerusalemme, alla comunità che avevano abbandonato. Frutto della risurrezione è la comunione fraterna, perché l'amore più forte della morte lo viviamo innanzitutto nelle nostre relazioni quotidiane. Il reale luogo della fraternità impedisce la riduzione della fede a una dottrina, a una conoscenza, a una morale, che non sanno portare le ferite dell'uomo così come le porta il Risorto. In Lui ciò che ci unisce è sempre infinitamente di più di quello che umanamente ci distingue e ci divide. Per questo ci attira alla fraternità.

I due di Emmaus prendono il Risorto per uno «forestiero». Socialmente è una persona che non aveva uno status, era senza diritti, protezioni e garanzie: un rifiutato, come avviene oggi. Essi riflettono su di Lui il loro disadattamento: si sono resi stranieri alla promessa. Cleopa fa un lungo resoconto scettico, che esprime tutta la loro delusione, il dubbio, il vuoto che li ha presi: «Ciò che riguarda Gesù… noi speravamo… con tutto ciò sono passati tre giorni…». Gesù sarà sempre uno straniero senza permesso di soggiornano nelle nostre chiese se vi si vive la delusione e l’incomprensione di chi lo attende a premiare i buoni e castigare i cattivi.

Infatti i Vangeli ci narrano che Gesù si manifesta ai suoi discepoli proprio quando non si comportano da credenti: quando sono a porte chiuse, quando ritornano delusi a casa come i due di Emmaus, quando ritornano rassegnati al precedente lavoro della pesca. Per mostrare che Lui viene per tutti: «cattivi e buoni». Il Risorto non viene a stabilire ambiti religiosi della sua presenza. In fin dei conti la risurrezione dei morti è la dimensione più "laica" che si possa pensare, per quanto solo Dio possa farla vivere. Infatti la risurrezione "realizza" l'uomo in pienezza. Attraverso di essa, Dio dà spazio divino all'uomo, come aveva fatto nella creazione. La risurrezione è un atto di culto, di venerazione che Dio compie nei confronti dell'uomo, donandogli la sua stessa vita e la sua stessa eternità.

Ma quel Gesù trattato come uno «forestiero», perché apre un nuovo futuro, diventa anche un atto di accusa nei confronti del nostro mondo. Infatti la nostra società sta negando qualsiasi futuro, perché sta inquinando il mondo così da rovinarlo irreparabilmente. E sta vivendo solo di presente: immediato e superficiale. Come comprare una cosa on line e averla subito.

Il futuro comporta integrare nuove componenti, essere disponibili al cambiamento, mettere in discussione le proprie lobby di potere, entrare in dinamiche più complesse e meno governabili. Quel «forestiero» Gesù, che cerca futuro donando futuro, è meglio respingerlo, sul suo barcone, in Libia. 

(Alberto Vianello)

Nessun commento:

Posta un commento