“Potere di insegnare e di battezzare” ai laici e alle donne? Dalla società dell’onore alla società della dignità

Tra le richieste emerse dal “Cammino sinodale tedesco” vi è il completo superamento di una espressione che risale a Tertulliano e che si può sintetizzare così: possono battezzare (e insegnare) i vescovi, i presbiteri, i diaconi, il laici maschi, non le donne. Si deve dire che questa posizione di Tertulliano, bene conosciuta lungo la tradizione, ha subito nel tempo grandi revisioni. Da un lato la elaborazione di una “competenza femminile” sul battesimo, legata al “caso di necessità” o al “pericolo di morte”. Accanto a ciò si ammetteva anche un “insegnamento” possibile per le donne, purché restasse rigorosamente “in privato”.


Questa differenziazione valeva a due livelli:

o   sul piano naturale, la donna era collocata nella sfera privata.

o   sul piano istituzionale il compito formale era riservato al clero ordinato, non ai laici. 

Così si è creato un sistema per cui la “funzioni di rappresentanza ecclesiale” si sono concentrate:

o   sui maschi piuttosto che sulle donne, per natura

o   sui chierici piuttosto che sui laici, per istituzione.

Questo sistema funzionava non solo per grazia, ma per cultura. E’ la cultura della “società dell’onore”, che si basa sulla diseguaglianza, e che proprio così annuncia Dio e fa esperienza della trascendenza. La differenza di Dio è assicurata dalle “differenze di onore”: tra donna e uomo, tra clero e laici e dalle infinite differenze di grado interne ad ognuna di queste categorie.

La fine della società dell’onore e l’inaugurazione della società della dignità ha messo a dura prova tutto il sistema ministeriale della Chiesa, che si era modellato in grande sintonia con quell’archetipo. Se si guarda che cosa era il Cerimoniale dei Vescovi fino al Concilio Vaticano II, si capisce da dove viene il nostro pregiudizio sul potere episcopale. La Chiesa cattolica ha provato prima a difendersi dalla eguaglianza, identificando sé stessa come societas inaequalis, ma poi ha lentamente accettato di rivedere le proprie categorie. Oggi noi siamo in mezzo al guado di questa grande “metafora”: stiamo trasportando le migliori esperienza ecclesiali dal linguaggio della società dell’onore al linguaggio della società della dignità. 


L'interessante articolo di Andrea Grillo a questo link:

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