Una città sempre più meticcia. Incrocio di nazionalità, culture, tradizioni e religioni diverse. Con il record di Marghera, dove il 33 per cento dei residenti è immigrato. È quanto emerge dall'ultimo Dossier statistico immigrazione presentato al Centro Kolbe di via Aleardi dal gruppo di lavoro coordinato da Gianfranco Bonesso, esperto d'immigrazione, col sostegno della Cgil.
Tra i dati ne emerge uno, eloquente: alcune zone della terraferma viaggiano su percentuali molte alte di stranieri rispetto alla popolazione residente: Piave al 37,6%; Marghera centro al 33,2%; Santa Barbara-Chirignago al 32,3%; Cipressina al 31,9%. Ancora più interessanti i numeri sui bambini da 0 a 4 anni: sul totale, i non italiani in questa fascia d'età sono il 63,5% a Piave, il 59,3% a Marghera centro; il 58,2% a Santa Barbara-Chirignago; il 55,8% alla Cipressina; il 51,4% ad Altobello.
Letti altrimenti, dicono che tra 15-20 anni una larga parte di Mestre, intesa come tutta la terraferma del Comune, sarà a maggioranza straniera. Un processo ineludibile. Attualmente gli stranieri in Comune sono 40.525 sui 253.174 residenti in totale: erano neanche 6mila nel 2000, meno di 30mila nel 2010, poco più di 39 mila quattro anni fa. Sono poco meno della metà degli 86.667 stranieri presenti in tutta la provincia. E dunque Venezia Comune ha un dato più alto: la percentuale degli stranieri è il 16%, contro il 10,4% della provincia e il 10,2% della regione, visto e considerato che in Veneto, secondo quanto ricordato dalla sociologa Gloria Albertini, sono 494.000 su 4milioni e mezzo di residenti.
Se a riferimento si prendono le sei Municipalità, il tasso percentuale più alto è a Marghera, 27,5%; segue Mestre Carpenedo con il 20,9%; Chirignago-Zelarino con il 16%; Favaro con il 10,1%; Venezia-Murano-Burano con l'8,5% e Lido-Pellestrina con il 6,5%. Le nazionalità sono le più disparate: sul podio ci sono i bengalesi, 7.559, seguiti dai rumeni, 6.504 e dai moldavi, 3.816.
Nell'intera provincia si calcolano circa 5mila richieste di asilo, di cui 3mila di ucraini scappati dalla guerra. Un quinto del totale afferisce al Comune. «Dopo la grande crescita degli arrivi, siamo in una fase di stabilizzazione delle presenze spiega Bonesso Nell'ultimo decennio in tutto il Veneto ci sono state 195 mila acquisizioni di cittadinanza. Di queste, 9mila in Comune, 1.365 solo nell'ultimo anno. Emerge una buona presenza di europei e asiatici, buona parte sono cristiani ortodossi e mussulmani. In città vedo tanto fermento e tante iniziative per favorire l'integrazione di queste persone. I problemi restano la casa e lo status giuridico: è sempre più difficile avere un ingresso regolare in Italia per difficoltà e ritardi di natura burocratica. E molto c'è da fare sul fronte religioso: non c'è vera libertà di culto, senza i luoghi di culto».
Molti stranieri lavorano nell'edilizia: «In Veneto gli iscritti alle case edili sono quasi per metà immigrati. Si tratta soprattutto di operai comuni o specializzati, quindi qualifiche minori», sottolinea Giulia Bartoli, segretario nazionale Fillea Cgil che ha sponsorizzato la ricerca. «C'è un tema che va sollevato: il Veneto è la seconda regione per caporalato e non si può sottacere il neo del lavoro nero con persone sprovviste di permesso di soggiorno», denuncia Silvana Fanelli della segreteria regionale Cgil.
Don Bruno Baratto, ufficio Migrantes, aggiunge: «Al netto dei flussi e quote d'ingresso, i nuovi rilasci di permessi di soggiorno avvengono solo per ricongiungimento familiare o protezione internazionale. Bisognerebbe autorizzare i visti in ricerca di lavoro, le aziende sicuramente assorbirebbero il personale. Oppure le quote riservate, con formazione nei Paesi d'origine»". "Un'altra alternativa interviene Fabio Traversari, pastore della Chiesa valdese sarebbero i corridoi umanitari».
Ultima, ma non ultima, c'è la questione sanità: L'integrazione su questo versante è un percorso a ostacoli sostiene Marta Carraro, direttrice dell'ambulatorio Emergency di Marghera . Ci sono tessere sanitarie rilasciate per 20-30 giorni, perché ci sono contratti di lavoro di quella durata. Poi per rinnovarle bisogna aspettare 2 mesi per l'appuntamento»
Ultima, ma non ultima, c'è la questione sanità: L'integrazione su questo versante è un percorso a ostacoli sostiene Marta Carraro, direttrice dell'ambulatorio Emergency di Marghera . Ci sono tessere sanitarie rilasciate per 20-30 giorni, perché ci sono contratti di lavoro di quella durata. Poi per rinnovarle bisogna aspettare 2 mesi per l'appuntamento»
(da Il Gazzettino di venerdì 27 ottobre)
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