Israele e l’uso della forza, lezione ai pacifisti “a prescindere”

A un mese dalla drammatica giornata del 7 ottobre cosa si intravede per il futuro? Qualcosa si può dire, pur nella complessità spaventosa della situazione. Siccome però il ragionamento e le evidenze che saranno qui proposti saranno molto crudi, occorre quantomeno chiarire che comunque siamo dentro una tragedia e che i morti, tutti i morti, meritano rispetto.


Al tempo stesso però sarebbe ipocrita negare che la storia, sì proprio quella che si studia anche nei libri di scuola, è un viaggio nel tempo che racconta di fatti quasi sempre pieni zeppi di morti, tragedie e soprusi. Quindi a poco serve ragionare con retorica compassionevole: gli umani si massacrano tra loro da millenni e non sembrano aver deciso di smettere.

A un mese dal 7 ottobre dunque cosa possiamo dire, cercando di guardare al futuro?

Possiamo fare almeno due constatazioni, capaci poi di portarci ad una (minima) conclusione. La prima constatazione è che la strategia omicida di Hamas è tanto mostruosa quanto efficace. Uccide l’ebreo in quanto tale, interpretandolo come perfetto rappresentante di tutto ciò che è diverso da sé, alla ricerca di un dominio politico, economico e religioso che non ammette compromessi e che intende affermarsi con l’uso della violenza sempre e comunque, meglio se accoppiata ad una causa (come quella del popolo palestinese) per molti versi giusta.

L'intera analisi (condivisibile a parte l'ultimo paragrafo, ndr)  di Roberto Arditti a questo link:



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