Irresponsabili dello scatenarsi di questa ennesima guerra nel Vicino Oriente hanno scommesso sullo scontro all’ultimo sangue, sulla morte dei “propri” e quella dei “loro”. Così facendo si vuole portare all’estremo la non accettazione dell’”altro”, che tante tragedie ha provocato nella storia. In un baratro di atrocità si nega ogni forma di riconoscimento a un popolo diverso dal proprio, respingendo così in radice la condizione della convivenza: impossibile vivere insieme, impraticabile che due Stati vivano l’uno accanto all’altro così vicini.
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Il vaccino della memoria
Il rifiuto della convivenza è drammatico in Terra Santa, tormentata dalla guerra in questi giorni, ma è diffuso un po’ ovunque nel mondo. E se in passato, particolarmente dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, abbiamo sperimentato ondate di anti-arabismo e di islamofobia, oggi ci confrontiamo nuovamente con il risorgere dell’antisemitismo, un fuoco che purtroppo cova sempre sotto la cenere del pregiudizio. Diviene una delle conseguenze dirette della guerra di Gaza, ulteriore esempio di come la contrapposizione generi sempre contrapposizione e la violenza altra violenza. Un contagio antisemita che scatta con l’ingranaggio dell’attuale conflitto, ma in realtà assume tratti ben noti, si ripete e si diffonde da generazioni.
Quanto accaduto in Daghestan, quanto accade in queste ore negli Stati Uniti, in Francia, a Parigi o a Roma come in altre città europee, sono altrettanti campanelli d’allarme da non sottovalutare.
L'articolo di Marco Impagliazzo continua a questo link:
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