Il male assedia le nostre vite. Una guerra in seno all’Europa e una appena fuori. Studenti in crisi e genitori disarmati. Una lettrice mi confida di accarezzare il suicidio. Un amico con un tumore a uno stadio avanzato. Essendo impotente di fronte a tutto questo, potrei diventare cinico, e non fare ciò che il Nobel per la letteratura, il poeta russo Josif Brodskij, condannato ai lavori forzati negli anni ’60 e poi esiliato dal suo Paese, riteneva essere l’impegno politico di uno scrittore: “Scrivere cose belle”.
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L’atomica che abbiamo nel cuore
È inutile voler cambiare il mondo, serve invece cambiare dentro di sé ciò che si vuole vedere cambiare nel mondo: vuoi la pace? Falla dove sei, nella riunione di condominio. Fare la pace è fare qualcosa che rende integro un pezzetto di mondo, fare la guerra è disintegrarlo. Come mostra Cristopher Nolan nel suo recente film Oppenheimer la bomba atomica è prima nel cuore dei suoi creatori e solo dopo in quello di una testata sganciata sul Giappone. Così è e sarà sempre, da Caino in poi: la pace e la guerra che sono attorno a me escono da me. Basta risalire dal frutto di un’azione sino alla sua radice, il cuore, per scoprire dove ho messo la linea che separa vita e morte, quella vita e quella morte che, dopo, ho dato al mondo. Dall’avanzare di quella linea verso la vita, in ogni cuore, ogni giorno, dove e come posso, dipende la pace del mondo.
L'intera riflessione di Alessandro D'Avenia a questo link:
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