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Venerdì Santo - Gv 18,1 - 19,37: Il trionfo della violenza?

Ogni violenza è riassunta nella Passione, termine ambivalente che racconta sia la sofferenza fisica ma anche un vivo interesse per sbocciare nella determinazione dell’amore.

 


Violenza. Oggi ci è chiesto di riflette su questo aspetto che pervade la nostra realtà e il nostro mondo sempre più non solo per subdoli accenni malamente celati in ogni momento della nostra vita, ma sempre più esplicitamente presente, aggressiva, ad iniziare dal linguaggio ironico che la rende più tagliente ed offensiva nel nostro quotidiano come in quello della politica. 

La violenza contagia infilandosi e piano piano impadronendosi di tutti gli aspetti che compongono la nostra realtà personale infettando la ragione e le emozioni. Quando poi si inserisce nelle dinamiche di un gruppo, deresponsabilizza la persona, toglie la libertà di obiettarvi contro instillando determinazione, autoassoluzione, toglie la capacità di “vedere” l’altro e le sue ragioni, di immedesimarsi nelle sue difficoltà, nella sua sofferenza. Porta alla morte del cuore e della ragione diventando perfidia rivendicatrice suscitando vendetta e capacità di pianificare razionalmente le sue azioni distruggitrici.

Lo vediamo in Ucraina, nel conflitto tra Israele e Hamas, in Sudan, in Haiti e in tutti gli altri conflitti nei quali prosperano con i morti i biechi costruttori di armi che ce li fanno passare come l’unico modo per difenderci, attirando finanziamenti sempre più alti a discapito di altri settori più necessari alla vita. Nel nostro paese, poi, la modifica ora alla Camera della Legge 185/90 toglie controllo e restrizione alla produzione e all’esportazione di armi.

Lo vediamo nei rapporti interpersonali, nella violenza di genere, nelle morti “bianche” spacciate per disgrazie mentre facilmente sono altro. Lo percepiamo nel linguaggio quotidiano e nello sport infarcito di parole che si rifanno alla guerra, nell’incapacità di gestire gli inevitabili piccoli conflitti in casa, al lavoro, tra amici che volentieri inacidiscono i rapporti. Lo sperimentiamo nell’incapacità di sostenere il confronto: è più facile portarlo allo scontro rifiutandolo, piuttosto che affrontarlo in un pacato dialogo. Lo pratichiamo quando prendiamo parte per una posizione in conflitto piuttosto con l’altra alimentando esclusivamente il vicendevole odio di una parte contro l’altra invece di essere equivicini alle realtà che ne sono colpite.

 

Tutto questo è riassunto nella Passione; termine ambivalente che racconta sia la sofferenza fisica ma anche un vivo interesse per sbocciare nella determinazione dell’amore. Questo passaggio è quello che ci racconta quanto celebriamo il Venerdì Santo: la trasformazione di una violenza estrema, di odio, in una storia d’amore, una morte vergognosa in una gloria, la brutalità umana in svelamento completo della pienezza dell’amore di Dio per il creato e l’uomo.

Gesù oppone a chi lo offende, brutalizza, deride con la violenza una domanda inquietante e dalle mille sfumature: “Perché mi percuoti?”, una parola mite che interpella anche noi a nome di tutti quelli che sono colpiti dalla prepotenza e dall’aggressività.

In precedenza sul Cedron aveva posto all’imponente dispiegamento di forze da parte del potere un’altra domanda: “Chi cercate?” e risponde “Egó eimiIo sono” cioè l’iniziale del nome di Dio di fronte al quale gli avversari indietreggiano cadendo a terra. I discepoli davanti a quella mitezza che emana una forza senza pari sono costernati, forse increduli, sicuramente spaventati e passano dal rispondere con le stesse armi al dileguarsi scomparendo.

Gesù poi continua a rispondere con domande a quanto gli chiede Pilato fintantoché la violenza diventa meccanica nella prassi della crocefissione, fino a divenire avidità nello spartirsi le sue vesti. Sostiene la sua volontà di amare e di essere mite anche nella morte ingiusta e tra le sofferenze. “Ho seteÈ compiuto”, tutto è racchiuso in queste parole, in questi sussurri e “Chinato il capo consegnò lo Spirito”. In Giovanni il Crocifisso consegna a noi lo Spirito, a noi ora il compito di vivere di questo, con questo, per il Padre.

(BiGio)

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