Ascensione – Mc 16,15-20

  Il compito di ridire oggi, con parole nuove e fatti, l'amore di Dio:

È questo lo "stare alla destra del Padre"


 

La prima lettura dagli Atti e l’Evangelo di oggi narrano il medesimo evento e il primo racconto aiuta a comprendere il secondo. In Luca i discepoli rimangono a guardare il cielo dove è stato assunto Gesù; ma due angeli li richiamano alla realtà, avvisandoli che lo vedranno tornare nel medesimo modo con il quale lo hanno visto salire al cielo che è la conseguenza del modo nel quale ha vissuto e speso la sua vita: nella solidarietà con noi uomini, nella compassione fino a donare la sua vita e alla sua risurrezione, che è il sì del Padre ad una vita vissuta in quel modo. Non si tratta allora di guardare in alto distraendosi, ma in avanti, alla storia che ci sta davanti camminando nella solidarietà e nella compassione rendendo così presente il Signore in mezzo agli uomini, essendo segno concreto del suo amore per gli uomini (che è il significato di “sacramento”). Si tratta del compito affidatoci di “battezzare”, cioè di immergere nella vita di Dio ogni uomo.

Dopo aver parlato con loro fu assunto in cielo”, dopo aver consegnato loro, a noi, la sua Parola e, dice Qoelet (12,11), le parole sono come frecce che orientano, indicano, guidano e ci fanno rimanere nel suo amore come l’Evangelo di domenica scorsa ci diceva invitandoci contemporaneamente ad andare a portarlo in tutto al mondo, ad ogni creatura, ad ogni realtà a tutto il creato (questo dice il testo originale) del quale dobbiamo avere cura perché tutto (non solo gli uomini), ci è affidato.

L’invito è quello di annunciare la buona notizia che Dio è presente in questa storia: si può riconoscere o meno che questa storia, anche quando a noi sembra maledetta, disperata, faticosa, contradditoria, è una storia che sta sotto la signoria di Dio. Chi lo crederà, lo annuncerà e questo suo annuncio sarà accompagnato, da segni che Gesù compirà. Questo è importante: ancora una volta viene confermato che la forza dell’Evangelo non sta nei segni; questi eventualmente sono solo una ratifica da parte del Signore. 

Tra questi c’è il dono parlare lingue nuove cioè il compito di saper ridire con linguaggi nuovi, adatti ad ogni diverso tempo, ad ogni diversa realtà, in ogni fase storica il linguaggio dell’amore, quello che Dio ha usato morendo sulla croce per noi e farlo usando parole, non solo teoriche ma confermate da fatti concreti, che solo noi possiamo oggi dire. Questa è la diversa presenza di Gesù tra i suoi discepoli, tra di noi.

Gesù ora “siede alla destra di Dio” che non è tanto un luogo fisico, ma un modo di essere come viene descritto in Mt 25 dove alla destra di Dio ci stanno tutti coloro, credenti o meno, che sono stati capaci d’amare l’uomo fino in fondo alla maniera come Lui ci ha amati. Vivere in questo modo, solidali con coloro che Dio ama, significa stare alla sua destra, perché lì Lui sta, non altrove. 

BiGio


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Marco non dimentica però che la fede nel Risorto si è fatta strada con grande difficoltà nei cuori dei discepoli; per ben due volte, infatti, si vede costretto a scrivere che essi “non vollero credere” (Mc 16,11.13), aggiungendo che Gesù stesso “li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore” (Mc 16,14). È proprio a questa comunità, barca traballante e sballottata, che Gesù affida la missione. Può sembrare paradossale ma è così: il Signore Gesù conosce la nostra incredulità e volge ad essa il suo sguardo compassionevole, eppure ci chiede ugualmente di andare tra gli uomini, di “annunciare la buona notizia della resurrezione a tutte le creature”. 

Il Risorto non chiede di convincere né di imporre, ma di essere suoi testimoni, vivendo il Vangelo con gioia. L’Evangelo che può destare la fede non è affidato a un libro o a uno strumento di comunicazione, ma a noi: è la nostra vita che deve essere un racconto del Vangelo. 


Per questo Gesù mette in evidenza che un annuncio vero ed efficace del Vangelo deve essere accompagnato da “segni”, segni da leggersi nella nostra vita e nel nostro operare. 

La prospettiva di essere chiamati a compiere segni prodigiosi, miracoli strabilianti può spaventarci. Ma i prodigi e i miracoli che ci vengono chiesti, sono da realizzare nel nostro piccolo, anzi nel nostro piccolissimo: famiglia, condominio, scuola, rapporti interpersonali, vita sociale..., quello che Gesù ha fatto, ascoltando, accogliendo, soccorrendo tutti quelli che poteva e come poteva. Come Gesù? Sì, anche noi, quello che possiamo, come possiamo

 

Ci si deve chiedere quali sono i segni della presenza di Gesù nella nostra Comunità? Quale è il significato di ogni segno?        
Quali sono, oggi, i segni che testimoniano alle persone la presenza di Gesù in mezzo a noi? 

Il risalire di Gesù al cielo non è per privarci della sua presenza ma, come ricorda la lettera agli Efesini, «per riempire tutte le cose» (Ef 4,10). Cristo non è andato in alto, è andato avanti, assente e meno assente che mai. Cristo non si è spostato di luogo, è andato oltre. 

Dio è presente, per sempre, è il nostro sguardo a dover guarire, a doversi – finalmente – convertire alla gioia. Perciò, ora, necessitiamo del dono dello Spirito: per vedere

 

I Segni 

Riconosciamo Gesù nei prodigi, nei gesti, che accompagnano l’annuncio del Vangelo. Come se Gesù ci dicesse: “Io sono presente, per sempre. Leggi i segni della mia presenza, interpretali, guarda con lo sguardo interiore e riconoscimi nelle cose, negli avvenimenti, nella storia della tua vita”. 

Proviamo a riconoscerli:        
Cacciare i demoni: è combattere il potere del male che strangola la vita. È il tenere lontano tutto quello che ci divide da Dio e ci divide dagli uomini che lui ama. 

Parlare lingue nuove: è comunicare con gli altri in modo nuovo, adattandoci a tutte le situazioni. È imparare a parlare la lingua che tutti comprendono: la lingua dell’amore. 
Prendere in mano serpenti e vincere il veleno: ci sono tante cose che avvelenano la convivenza come molte chiacchiere che rovinano la relazione fra le persone. Non si avrà paura dell’altro né si vedranno nemici ovunque, non si cederà al rancore e alla vendetta verso chi fa del male, non si avrà una mentalità negativa. 
Curare i malati: dovunque appare una coscienza più chiara della presenza di Dio, appare anche una attenzione speciale verso le persone escluse e marginalizzate, soprattutto verso i malati. Quello che maggiormente favorisce la salute è quando la persona si sente accolta e amata che toglie dalla disperazione.

(dal sito: www.insiemesullastessabarca.it)

2 commenti:

  1. Immergere nella vita di Dio ogni uomo! Grazie! Non si sente dire spesso questo! Noi immersi nella vita di Dio cambia la prospettiva della vita stessa. Gratuità, gioia, responsabilità, pace, amore... Solo doni che fanno vivere pienamente e gioiosamente. Grazie

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