Quando sorgono dubbi, ritornare agli inizi

                     


In una delle “Vite” di Pacomio, padre dei cenobiti, di cui oggi 15 maggio facciamo memoria, si racconta questo:

“Un giorno Pacomio sedette in disparte; era desolato … a motivo della volontà di Dio che desiderava conoscere. Mentre faceva ancora buio, ecco che un personaggio luminoso si presentò davanti a lui e gli disse: ‘Perché sei triste e il tuo cuore è affranto?’. Ed egli rispose: ‘È perché cerco la volontà di Dio’. E quello gli disse: ‘Desideri davvero la volontà di Dio?’. Ed egli: ‘Sì’. Allora quello gli disse: ‘La volontà di Dio è servire gli uomini per riconciliarli con lui’. Pacomio rispose quasi indignato: ‘Io cerco la volontà di Dio e tu mi dici di servire gli uomini!’ Ma quel personaggio per tre volte gli ripeté: ‘La volontà di Dio è servire gli uomini per chiamarli a lui’… Allora Pacomio si ricordò dell’impegno che aveva preso con Dio il giorno in cui, trovandosi prigioniero con altri …, gli erano state portate delle elemosine ed egli aveva fatto un patto davanti a Dio in questi termini: ‘O Dio, se tu mi aiuti, se verrò liberato dalle tribolazioni in cui mi trovo, mi farò servo del genere umano per il tuo nome’”.

Quel “patto”, sigillato davanti a un Dio che allora Pacomio non conosceva perché era ancora pagano, fu l’inizio della sua conversione. Da quelle persone che erano state compassionevoli, infatti, scoprì l’esistenza dei cristiani e desiderò diventare come loro

Due sono i motivi per cui evoco oggi questo episodio.

La vita cristiana non è prima di tutto l’adesione a una dottrina su Dio o sulla vita, ma uno stile di vita o un modo di stare davanti a Dio e davanti agli uomini, come quei servi svegli nell’attesa del loro padrone e come quei discepoli che vendono ciò che hanno per darlo in elemosina. Vivere da cristiani è mostrare con la propria vita che il nostro tesoro, ciò a cui teniamo di più, il nostro cuore, non è dentro di noi ma fuori di noi: nel Dio in cui confidiamo, e nelle persone che ci sono dati come compagni o che incontriamo. L’essere cristiani è un vivere decentrati.

Il secondo motivo è che questo episodio mi sembra illustrare splendidamente il “non temere!” che si incontra spesso nella Scrittura. Quando Pacomio ebbe dubbi sulla sua vocazione – che era una novità, giacché il monachesimo di quel tempo era esclusivamente eremitico, fuga dagli uomini, non servizio a loro – il personaggio luminoso lo confermò nella sua prima intuizione: Dio voleva per lui ciò che egli stesso aveva voluto all’inizio, “servire gli uomini”. Può non temere perché l’inizio del suo cammino non lo ha ingannato. Questo vale anche per noi: quando sorgono dubbi su ciò che viviamo, è importante ritornare agli inizi. Essi non sono “nostri”; sono invece ciò che Dio ha iniziato a fare con noi, e quello che ha iniziato a fare, lo porterà a compimento (cf. Fil 1,6). Per questo possiamo anche noi non temere. Se occorre diffidare di sé (cf. Mc 8,34), di Dio invece ci possiamo fidare, perché egli è fedele (cf. 2Tm 2,13)!

fratel Daniel Attingher

(Comunità di Bose)

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