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Libia: Basta lacrime di coccodrillo, forse ...


"Basta lacrime di coccodrillo" titolava La Stampa il 26 maggio: Immagini di bambini morti sulle spiagge. Per ventiquattr'ore non si parla d'altro e poi basta. 

Forse c'è stata una svolta nei rapporti tra Roma e Parigi sulla Libia. In attesa dell'Europa, sui flussi migratori l'Italia punto alla stabilizzazione del Nord Africa e del Sahel.

Questo è sottolineato nel Dal Daily Focus del 26 maggio 2021 dell'ISPI, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale che, qui di seguito si riporta.


C’è un vento nuovo tra Roma e Parigi sulla Libia. È quello che emerge dalle parole del premier Mario Draghi che a margine del Consiglio Europeo ha annunciato un “nuovo importante passo” verso la “collaborazione con la Francia in Nord Africa e nella regione del Sahel”. 

Un’inversione di tendenza importante – suggellata in un bilaterale con il presidente francese Emmanuel Macron – e che allevia in parte la delusione per l’assenza di progressi a livello europeo sulla questione migratoria. “L'intenzione è di lavorare insieme in quella parte dell'Africa”, dice Draghi, annunciando un cambio di passo in un territorio che ha visto finora Parigi e Roma su fronti opposti e lungo cui si dipana la principale rotta dell’emigrazione africana verso l’Italia. Il presidente del Consiglio si muove su più tavoli e se da un lato ottiene di far rientrare il dossier migrazioni nell’agenda ufficiale del Consiglio Europeo del 24 e 25 giugno, dall’altra ammette che “un’intesa sarà difficile” e avanza l’ipotesi di un sottoinsieme di paesi che si aiutino tra loro. Qualcosa in meno di un accordo a livello europeo, ritenuto irraggiungibile in tempi brevi, ma qualcosa in più rispetto alla solidarietà ‘volontaria’ degli Accordi di Malta, durati lo spazio di un mattino. Da parte sua, Macron conferma che l'obiettivo è di avere “una politica coordinata e di partenariato sul dossier libico”. Ma in ballo ci sono anche altri elementi, come gli interessi economici e geopolitici dei due paesi nel Mediterraneo e, in prospettiva, un ruolo più incisivo dell’Unione Europea in Africa.


Asse Roma-Parigi?

Partnership franco-italiana dunque, ma sempre con un occhio alle questioni interne: fra un anno il presidente francese si gioca la riconferma all’Eliseo, e con una sfidante come Marine Le Pen il tema migranti è ‘altamente sensibile’. Per questo Macron apre anche alla possibilità che l'Unione elabori “soluzioni pratiche in materia di relazione con i paesi di origine o transito”, sulla scia di quanto l’Italia sta discutendo in questi giorni con la Tunisia: aiuti, investimenti e corridoi per l’immigrazione regolare in cambio di maggiori controlli di coste e confini. A fine maggio, il premier Draghi incontrerà a Roma anche il suo omologo libico Abdul Hamid Dbeibah, il cui governo è fonte di grandi speranze al di qua del Mediterraneo, ma che sul terreno deve fare i conti con la presenza di milizie turche e russe. Il riallineamento tra Italia e Francia serve anche a questo, a ripristinare, in virtù di una convergenza di interessi, l’influenza europea sul paese. Soprattutto di fronte alle ingerenze di Turchia e Russia, creando le condizioni per rafforzare la presenza di un governo stabilea Tripoli con cui, da domani, tornare a trattare sulle migrazioni.

Ottimismo a Tripoli? 

A sei mesi dal cessate-il-fuoco, Nazioni Unite e Stati Uniti hanno espresso un sentimento raramente evocato quando si parla di Libia: l’ottimismo. La svolta nel paese è arrivata lo scorso marzo, quando si è insediato un governo di unità nazionale, riconosciuto da tutti i principali attori sul terreno. Un’iniezione di fiducia per un paese che mancava di un vero e proprio esecutivo dal 2014, il cui obiettivo principale è di traghettare la Libia alle elezioni nazionali previste per il 24 dicembre 2021. Ma i progressi politici, molto più promettenti di quanto non fossero appena pochi mesi fa, da soli non bastano. A causa dei continui scontri, le infrastrutture elettriche, idriche e di collegamento del paese sono collassate, l’economia resta perlopiù dipendente dall’estrazione del petrolio e dunque esposta alle continue oscillazioni dei prezzi, mentre il governo si trova a fare i conti con una moltitudine di combattenti stranieri, che costituiscono la vera minaccia per una stabilizzazione duratura. E c'è anche “l’elefante nella stanza”, osserva Mohammed Ali Abdallah, inviato speciale degli Stati Uniti per la Libia, “Khalifa Haftar, il generale ribelle che ha tentato di rovesciare il governo di Tripoli, e che rimane una forza nella Libia orientale”.


Lo sguardo oltre la Libia 

Con il presidente francese si è discusso della “situazione nel Nord Africa, ma anche nel Sahel, nel Ciad e nel Mali, perché i paesi come la Libia e purtroppo anche la Tunisia, la cui situazione politica è seria, diventano sempre di più paesi di transito”. Sulla rinnovata intesa con Parigi dunque, l’orizzonte del presidente del consiglio va oltre la questione migratoria e la Libia. Parte da Tripoli, per pianificare una politica più ampia in Africa e nel Mediterraneo, due regioni strategiche, vista la posizione geografica del nostro paese, ma da tempo neglette. In tal senso, la Libia rappresenta una vera e propria ‘porta’ verso l’Africa e in particolare il Sahel, una regione densa di turbolenze in cui i nostri militari sono presenti con due diverse missioni internazionali. Anche per questo, la scorsa settimana il premier italiano era a Parigi per il vertice organizzato da Macron sul finanziamento e per il rilancio dell’Africa. Obiettivo: alleviare il peso del debito, potenziare l'attrattività delle economie africane, rafforzare il settore privato e creare un adeguato 'business environment'. Rimettere l’Africa in agenda dunque, anche per cercare di governare il fenomeno migratorio alla radice, prima che i migranti subsahariani arrivino in Libia o in Tunisia e nelle mani dei trafficanti, potendo contare su uno sviluppo regolare delle economie del continente. Una strategia che è un cambio di paradigma e che prevede, anziché pagare i paesi di transito esponendosi ad un continuo ‘ricatto’, di sostenere e finanziare le economie di quelli di origine. In attesa di affrontare nuovamente la questione migratoria al prossimo Consiglio Europeo, i due leader europei hanno condiviso la necessità di “uno stretto e costante coordinamento”, mirato ad un ruolo più incisivo dell’Unione Europea in Africa.


IL COMMENTO

di Federica Saini Fasanotti, ISPI Senior Associate Fellow e Nonresident Senior Fellow, Brookings Institution 

“Nonostante i molti segnali positivi, giustificati da eventi che mesi fa sarebbero stati impensabili, la situazione in Libia rimane estremamente delicata. Le sfide che il primo ministro Dbeibah si trova ad affrontare sono tante e di primaria importanza: il parlamento libico non ha ancora riconosciuto il Consiglio Presidenziale come comando supremo delle forze armate e non è stato ancora raggiunto un accordo fra le varie forze politiche su come dovranno svolgersi le elezioni del 24 dicembre 2021. Il parlamento ha, inoltre, approvato soltanto uno dei capitoli del budget per il 2021, quello dei salari, ma ancora molto resta da discutere. Nell'ambito militare, le forze straniere restano sul campo, lasciando molti dubbi riguardo ad un serio processo di stabilizzazione del paese”.

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