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L'appello del Patriarca di Gerusalemme e due commenti dopo le dichiarazioni di Biden


Appello

di S.B. Mons. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme alla comunità internazionale, alle Chiese e a tutte le persone di buona volontà

Insieme a tutti i capi delle Chiese, siamo profondamente scoraggiati e preoccupati per i recenti episodi di violenza avvenuti a Gerusalemme Est, alla Moschea Al Aqsa e al quartiere Sheikh Jarrah; episodi che violano la santità del popolo di Gerusalemme e di Gerusalemme come Città della Pace, e richiedono un intervento urgente.

La violenza contro i fedeli mina la loro sicurezza e i loro diritti ad avere libero accesso ai Luoghi Santi e pregare liberamente. Lo sgombero forzato dei palestinesi dalle loro case a Sheikh Jarrah è anche una violazione inaccettabile dei diritti umani più fondamentali, il diritto alla casa. È una questione di giustizia per gli abitanti della città vivere, pregare e lavorare, ognuno secondo la propria dignità; una dignità conferita all’umanità da Dio stesso.

In merito alla situazione a Sheik Jarrah, facciamo eco alle parole dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani che ha detto che lo stato di diritto è “applicato in modo intrinsecamente discriminatorio”. Questo è diventato un punto di forza principale tra le crescenti tensioni a Gerusalemme. La questione oggi non è un problema di controversia immobiliare tra parti private. È piuttosto un tentativo guidato da un’ideologia estremista che nega il diritto di esistenza di una persona nella propria casa.

Particolarmente preoccupante è anche il diritto di accesso ai Luoghi Santi. Ai fedeli palestinesi è stato negato l’accesso alla Moschea Al Aqsa durante il mese di Ramadan. Queste dimostrazioni di forza feriscono lo spirito e l’anima della Città Santa, la cui vocazione è quella di essere aperti e accoglienti; essere una casa per tutti i credenti, con uguali diritti, dignità e doveri.

La posizione storica delle Chiese a Gerusalemme è chiara riguardo la nostra denuncia di qualsiasi tentativo che rende Gerusalemme una città esclusiva per qualcuno. Questa è una città sacra alle tre religioni monoteiste e, sulla base del diritto internazionale e relative risoluzioni dell’ONU, anche una città dove i palestinesi, cristiani e musulmani, hanno lo stesso diritto di costruire un futuro basato sulla libertà, l’uguaglianza e la pace. Chiediamo anche il massimo rispetto per lo Status Quo storico di tutti i Luoghi Santi, compreso il complesso della Moschea Al-Aqsa.

L’autorità che controlla la città dovrebbe proteggere il carattere speciale di Gerusalemme, chiamata ad essere il cuore delle fedi abramitiche, un luogo di preghiera e di incontro, aperto a tutti dove tutti i credenti e i cittadini, di ogni fede e appartenenza, possono sentirsi a casa, protetti e sicuri.

La nostra Chiesa è stata chiara che la pace richiede giustizia. Nella misura in cui i diritti di tutti, israeliani e palestinesi, non sono accolti e rispettati, non ci sarà giustizia e quindi non ci sarà pace in città. È nostro dovere non ignorare le ingiustizie e le aggressioni contro la dignità umana, indipendentemente da chi le commette.

Facciamo appello alla Comunità Internazionale, alle Chiese e a tutte le persone di buona volontà di intervenire per mettere fine a queste azioni provocatorie, e continuare a pregare per la pace di Gerusalemme. Ci uniamo nella preghiera con l’intenzione del Santo Padre, Papa Francesco che “l’identità multi religiosa e multi culturale della Città Santa venga rispettata e che la fraternità possa prevalere.”

12 maggio 2021

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Dagli Usa ci si aspettava qualcosa di più

"Israel has a right to defend itself", ha dichiarato Joe Biden dopo qualche giorno di incomprensibile silenzio. Poi il Presidente americano a telefonato al premier israeliano BB Netanyahu e al presidente palestinese Abu Mazen. Era noto che il Medioriente non fosse una delle priorità dell'agenda internazionale dell'amministrazione democratica; e che del dossier e mediorientale il problema israelo-palestinese fosse fra gli ultimi. Ma ci si aspettava qualcosa di più di una dichiarazione che ignora i palestinesi e una telefonata al presidente dell'autorità palestinese a Ramallah, che su Hamas e la guerra a Gaza non ha alcun potere di intervento. In una situazione come questa nella striscia, acero Salemme e nelle città investite da pericolosi scontri height Nietzsche free play e arabi di Israele, la superpotenza americana si limita ad osservare.

Ugo Tranballi, Ispi Senior Advisor


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Guerra Israele-Gaza, Keret: 

«Sappiamo già come andrà. E tutto sarà ok, fino alla prossima»

Lo scrittore e regista israeliano ripercorre lo schema del conflitto e invoca un cambiamento politico che nel governo includa un partito arabo

Daccapo una pioggia di missili sulle città israeliane, e daccapo l’esperto militare del Canale 12 in studio, furioso, esige da Tsahal una reazione feroce, daccapo cittadini terrorizzati spiegano all’inviato sul posto che questa volta dobbiamo andarci giù pesante e scrivere la parola fine, come se qui stessimo vivendo un avvenimento straordinario, sbucato da chissà dove per coglierci di sorpresa.

A quanto riferiscono si tratta di un evento talmente unico e inaspettato che nemmeno l’osannata intelligence del nostro esercito è stata capace di prevederlo e allertare; non è, guarda caso, qualcosa che abbiamo già sperimentato con le operazioni Margine Protettivo (2014), Pilastro di difesa (2012) e Piombo fuso (2008) e che probabilmente si ripresenterà fra uno o due anni. Ma anche se nessuno di noi ha gran voglia di capire com’è cominciato questo inferno, in cuor nostro sappiamo tutti come andrà a finire: in risposta alla pioggia di missili letali di Hamas, che ci sta imponendo un doloroso tributo di sangue, abbatteremo altri edifici a Gaza per imporre il tributo anche al nemico e per ripristinare il vacillante meccanismo deterrente, uccideremo altri capi di Hamas che saranno subito sostituiti, e insieme con loro parecchi «non coinvolti». Il mondo s’indignerà per la morte di civili e bambini palestinesi, noi ribatteremo al mondo che è ipocrita e con noi usa due pesi e due misure, la Corte dell’Aja pretenderà un’indagine, noi pretenderemo che la Corte prima ammetta di essere antisemita e alla fine, quando tutto sarà concluso… ricominceremo tutto di nuovo.


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