Il brano del Vangelo del 2 maggio è il secondo discorso di addio di Gesù ai discepoli nel Vangelo di Giovanni e continuerà nel brano della domenica seguente.
La vigna come immagine del popolo di Dio è saldamente attestata nella Bibbia: nelle Scritture Ebraiche Isaia al capitolo 5 descrive la relazione unica tra Dio e il suo popolo in un canto detto "della vigna", poi ripreso al capitolo 22. Anche il Salmo 80 e altri testi usano questa immagine.
Gesù la riprende nella sua predicazione ma, rispetto a Isaia, sposta l'accento dall'infedeltà della vigna all'infedeltà dei vignaioli che dorebbero curarla. Nel brano di oggi Giovanni evoca il tema della vigna, ma sposta ulteriormente l'accento sulle relazioni personali tra Gesù, il discepolo e il padre. Colpisce l'insistenza sul verbo rimanere Se è vero che le prime comunità dovevano confrontarsi con un clima politico di ostilità, più o meno forte a seconda dei luoghi e dei momenti, che indubbiamente tendeva a scoraggiare i credenti, l'invito sembra avere una preoccupazione più ampia.
La conversione non è un atto singolo, bensì un processo che coinvolge tre soggetti: Gesù, la vite, l'origine della vita vera e piena; i credenti che ricevono questa vita solo rimanendo uniti a Gesù; il padre che, attraverso la Parola, "purifica" (e non "pota" come traduce la Cei) perché possano portare frutto, diventare discepoli e dare così gloria al Padre.
"La gloria di Dio è l'uomo vivente" dirà pochi decenni dopo Ireneo da Lione.
(da: insiemesullastessabarca.it)
Nessun commento:
Posta un commento