Per approfondire: Una gioia piena - di don Luciani Cantini (Livorno)


Con lo stesso amore con cui Gesù percepisce l’amore del Padre, il Signore ama i suoi discepoli ed esorta a permanere in quell’a- more che insieme è del Padre e suo. Dall’inizio della cena (Gv 13,1) troviamo usato spesso il verbo agapaô (amare), e il sostantivo agapê (amore), nel greco classico è piuttosto raro, nel NT, invece, è molto usato, soprattutto in Giovanni, per esprimere l’amore gratuito e disinteressato di Dio, e conseguentemente la risposta dell’uomo.

Quella dell’Amore è una questione infinita che sembra non avere soluzione. L’amore è talmente connaturale all’uomo che sembra semplice parlarne, ma è una realtà così complessa che è difficile analizzarne motivazioni e conseguenze. La natura umana è dominata da istinti primordiali come la sopravvivenza o la continuità della specie ma è la potenzialità dell’amore che li amalgama e dà loro contenuto, eleva gli istinti alla sublimità spirituale dell’essere umano. È l’amore che ha la forza spirituale di fondersi con la nostra corporeità, dargli energia e capacità d’azione, così che san Paolo arriva a dire: Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale (Rm 12,1).

L’amore istintuale dell’uomo è così legato agli altri aspetti della vita da diventare utilitaristico perché consolida alcune relazioni, ma anche le deforma fino a trasformarle in passione e addirittura in possesso, il fenomeno dilagante di femminicidio ne è un segnale.

Tutti continuamente amiamo in qualche modo, tutti quasi amiamo male e quanto più amiamo tanto peggio amiamo (Marsilio Ficino).

Questo è il mio comandamento

Gesù ci lascia solo un comandamento: Amatevi gli uni gli altri, ponendo l’amore in relazione al suo: come io ho amato voi. L’Amore di Dio è infinito e assoluto, eterno e perfetto, irraggiungibile dall’uomo fatto di limiti, immerso nel tempo, e nei condiziona- menti della storia. Gesù aveva dimostrato la profondità del suo amore perché li amò sino alla fine (Gv 13,1).

Cristo, come mediatore fra noi e Dio, in un estremo gesto di amore, sacrificando la sua vita ci racconta l’amore del Padre e ce lo rende possibile chiedendoci di rimanere in Lui. Nella comunione con Lui, nella quotidianità della conversione, nella sperimentazione del peccato e della sua misericordia, è reso comprensibile l’amore che Cristo ci ha fatto conoscere con le sue parole e col suo esempio. L’unico comandamento (al singolare), quello nuovo, si traduce praticamente nella condivisione, perdono, aiuto, solidarietà pacificazione, compassione ... sono i comandamenti nuovi (al plurale), che, osservati, ci permettono di abitare in Cristo e rimanere nel suo amore. Da Cristo va appreso l’amore, quello senza profitto, per metterlo in pratica in tutte le occasioni della vita, per gioirne una volta che lo abbiamo conosciuto. Non c’è gioia superiore alla gioia che l’amore può darci perché è la stessa gioia del Signore, ed è una gioia piena.

Vi ho chiamato amici

L’amore è liberante perché trasforma lo schiavo in amico e l’ami- cizia in gioia, senza escludere nessuno. L’amore è liberante perché non ha aspettative, la gratuità basta a se stessa, non attende riscontri e non può avere delusioni, gode di tutte le sfumature, trasforma ogni relazione in gioia piena e coinvolgente.

La storia ci ha costretti a parlare dei diritti e dei doveri, della reciprocità dell’amore, arrivando a stabilirne norme (vedi il patto coniugale, il diritto di famiglia, ...); privato della sua essenzialità, della libertà, della gratuità, della totalità oblativa si rende l’amore vittima di una qualche forma di schiavitù.

Il sacrificio è l’essenza dell’amore, è la dimensione che libera davvero l’amore e trasforma ogni relazione in amicizia perché ci rende simili a Dio che per amore si fa schiavo d’amore: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce (Fil 2,6-8).

Vi ho costituiti perché andiate

Tra i tanti istinti di cui siamo vittime c’è quello del protagonismo, di sentirci autori e attori di se stessi, capaci di costruirci la vita e le relazioni, eppure Gesù ci avverte: Non voi avete scelto me. Anche la nostra relazione con Lui è una sua scelta d’amore. Non

siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi (1Gv 4,10) e se noi siamo capaci di amare è perché egli ci ha amati per primo (1Gv 10,19).
Padroni di questo dono di amore siamo chiamati a andare e por- tare il frutto di quello stesso amore. Gesù non desidera averci dintorno, attaccati a Lui, sì (Cfr Gv 15,4), ma distanti da Lui perché il frutto del suo amore che germoglia in noi possa giungere lon- tano nel tempo e nello spazio.

Non è difficile, basta lasciarsi amare da Dio e capiremo come amare gli altri. In pratica è sufficiente dimenticarsi di noi stessi e mettere gli altri al centro dei nostri interessi. Non ci è chiesta nessuna ricerca intimistica, né devozionale, nessun sforzo ascetico, nemmeno una pratica religiosa.

Se ci facciamo dono agli altri alla fine troveremo Dio come dono per noi, perché Dio abita dove noi ci siamo persi amando. Preoccupiamoci dei poveri, degli abbandonati, degli smarriti, degli umili, degli emarginati, dei malati, degli stranieri, dei pellegrini, delle persone di passaggio, dei provvisori, degli inutili ... al colmo Dio si manifesterà con tutta la sua potenza di amore e ci adombrerà della sua gioia, e sarà una gioia piena.

(dal sito: www.insiemesullastessabarca.it)

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