Salvador Dalì, Ascensione di Cristo, 1958
Dalì immerge l’ascensione di Cristo in un globo di luce gialla, un luminoso girasole, il fiore che, fedele al volger del sole, divenne simbolo di dedizione incondizionata. Ai medioevali questo fiore era sconosciuto infatti, arrivò in Europa, dall’America, soltanto nel XVI secolo. Dalì non si lasciò sfuggire la prepotente bellezza del girasole e, a partire da quel simbolo, realizzò una tra le più affascinanti Ascensioni al cielo della storia dell’arte.
Cristo ascende, nel globo luminoso, in un’accentuata verticalità, una prospettiva vertiginosa, di mantegnesca memoria dove il volto scompare nell’evidenza dei piedi sollevati in alto. Cristo sale al cielo nella luce mantenendo però la forma della croce. In quest’opera Gesù - come ha detto papa Francesco (1 giugno 2014) - ascende con le sue piaghe, per far vedere al Padre il prezzo del suo perdono. Dalì rende in modo imprevedibile ed efficacissimo questa affermazione: Gesù è rappresentato con le mani ancora tese nello spasmo della sofferenza. Quelle mani sembrano pro- vocare esplosioni di misteriosa energia, mentre il corpo risorto è come risucchiato dal globo di luce gialla. I globi luminosi che si intersecano e compenetrano fanno pensare all’atomo che in questo caso è simbolo di Gesù risorto, principio e fine della realtà rinnovata. Dalì era rimasto scosso dall’esplosione della bomba atomica e fu proprio da quell’evento che si avvicinò alla fede cristiana frequentando i padri carmelitani. Attorno al 1950, infatti, risalgono molte opere religiose dell’artista. Nell’Ascensione Cristo ascende al cielo quasi con lo stesso dinamismo cosmico della bomba di Hiroshima, un dinamismo positivo e non distruttivo. Ad accogliere Cristo sta un sole fulgido di girasole, il fiore simbo- lo di adorazione. Per Dalì, il segno del Padre che, con lo Spirito, accoglie il Salvatore. Ma chi attende Cristo al termine della sua missione salvifica sulla terra non è il volto del Padre ma quello della sposa, di Gala la moglie dell’artista per la quale Dalì nutriva una venerazione, era la sua musa ispiratrice, capace di avvicinarlo alle realtà eterne Dio che è amore viene raffigurato dall’artista col il volto dell’amata della sua vita.
Dalì mette in atto l’ultima frase della Bibbia: lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni, Vieni Signore Gesù”. Il girasole, che tutto avvolge con la sua luce, è segno dell’abbraccio redentivo del Padre al quale tutti noi siamo ammessi mediante Cristo Risorto. Con l’Ascensione l’umanità entra in modo inaudito e nuovo in Dio, nella sua amicizia. e ci rivela quale sia il futuro che Dio ha riservato ai suoi figli: quello raggiunto da Gesù con la sua risurrezione.
Chiamati a prenderci carico della bellezza dei corpi e del mondo in cui ci troviamo a vivere
don Eros, diacono del Seminario Maggiore di Padova
“Solo il cristianesimo ha osato situare un corpo d’uomo nella profondità di Dio”, lo scrive riferendosi alla festa dell’Ascensione il teologo veneto Romano Guardini. La frase è ancor più incisiva se la associo ad un’immagine nota, al quadro del pittore Salvador Dalì intitolato proprio “Ascensione”. Diversamente dal modo classico con cui veniva rappresentata la scena, il pittore spagnolo decide di disegnare un Gesù che si libra a mezz’aria attratto dalla luce del Padre e con in primo piano i piedi. I piedi: quale parte del corpo meglio di questa esprime la materialità, l’essere carne? I piedi poggiano sulla terra, garantiscono il collegamento del corpo con il mondo in modo saldo. Quei piedi saranno stati impolverati dal- le strade di terra della Palestina o anche segnati da piccole ferite, ma sono saliti anche loro all’azzurro perfetto del cielo. Dalì, contro la tentazione di separare (o anche preferire) l’anima al corpo rappresenta il Figlio con un realismo quasi imbarazzante!
L’Ascensione ci ricorda anche questo: come cristiani siamo chiamati a prenderci carico della bellezza dei corpi e anche del mondo in cui ci troviamo a vivere. Ce lo ricorda spesso papa Francesco, che non smette di richiamare l’attenzione sui problemi sociali dell’oggi, sul valore della persona e del lavoro, sulla responsabilità nella cura dell’ambiente. Non possiamo considerarci cristiani se non amiamo la “terra”, in tutti i suoi aspetti. Come credenti, allora, ci sentiamo impegnati in questo momento di ripartenza e progettazione, per realizzare una società che non escluda nes- suno, che sia capace di promuovere la bellezza (che non è solo questione di estetica!). La bellezza è insieme cura del particolare e attenzione al contesto, in questo senso anche oggi va data attenzione alla singola persona, ai suoi diritti e ai suoi desideri e caratteristiche, senza però dimenticare che ciascuno è inserito sin dall’inizio della propria vita in una rete di relazioni sociali: anche queste meritano attenzione. Come uomini siamo chiamati poi a prenderci cura dell’ambiente in cui viviamo, delle sue necessità e dei pericoli che sta attraversando: siamo custodi e responsabili del creato. Ma come integrare tutte queste attenzioni? Come unire bisogni e punti di vista così differenti? La parola chiave è “equilibrio”: è questione di armonia tra il singolo e il tutto, tra le necessità dell’uno e quelle dell’altro. Come un bambino per rimanere in piedi e camminare ha bisogno di trovare un equilibrio sui propri piedi, così come credenti in continuo cammino di vita e di fede dobbiamo cercare un necessario quanto sempre in divenire bilanciamento tra tante ragioni e tanti punti di vista. È un continuo esercizio di mediazione, può risultare faticoso ma preferisco leggerlo come un continuo stimolo a non rinchiudersi in sé ma comprendere le ragioni dell’altro e a provare ad integrarle in un pensiero e in un quadro più grande: quello dei valori che avverto come miei e quello del Vangelo.
Dalì nella parte superiore del quadro non dipinge, come si era soliti vedere, la mano del Padre ma un volto femminile, con le sembianze della moglie. Nel librarsi verso l’alto il Cristo non si distacca da ciò che ha vissuto nell’incarnarsi, da chi ha incontrato e amato, al contrario di avvicina sempre più all’umanità, intessuta di relazioni e di ricordi, si avvicina al significato e alla verità delle relazioni più coinvolgenti e autentiche, quali quelle con la propria sposa. È un volto femminile quello nell’alto della tela perché può essere identificato anche con la Chiesa: ma d’altro lato che cos’è la Chiesa se non una comunità di persone che cercano di vivere la sequela di Cristo sul suo esempio di interessamento gratuito e di amore per tutto quanto li circonda?
(dal sito: www.insiemesullastessabarca)
All' inizio non avevo notato il volto femminile alla sommità del quadro. Mi pare una grande intuizione quella del pittore Dali. Grazie!
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