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Domenica delle Palme - Lc 22,14-23,56 (la Passione)

Luca pone un accento particolare al suo racconto della Passione di Gesù facendo molta attenzione e sottolineando i diversi modi con i quali i personaggi guardano quanto accade usando, in greco, verbi diversi le cui sfumature in italiano per lo più sfuggono.


Il popolo che è sotto la croce “sta a vedere”; le folle accorrono per “vedere lo spettacolo”; i conoscenti di Gesù stanno ad “osservare” da lontano; anche le donne “osservano” dove depongono il corpo di Gesù; c’è lo “sguardo” del centurione che, vedendo come muore, riconosce in lui un uomo giusto. 

C’è un altro sguardo, ma questa volta è quello di Gesù che, voltandosi, incrocia quello di Pietro dopo che è stato da lui rinnegato per la terza volta. Sguardo che gli fa ricordare quanto il Signore gli aveva detto “e, uscito, pianse amaramente”.

Sotto la croce possiamo allora identificare atteggiamenti molto diversi e contrastanti tra di loro: scherno, insulto, contemplazione silenziosa, percuotersi il petto, invocazione, glorificazione di Dio, riconoscimento della giustizia. Ma si può anche lasciare che il suo sguardo trafigga e converta. 

Si comprenderà bene quanto accaduto solo il primo giorno dopo il sabato, quando il Risorto aprirà ai discepoli in cammino verso Emmaus il loro cuore alle Scritture e si rivelerà loro nello spezzare il pane: “Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” e compresero quanto era accaduto, quanto avevano “visto”.

 

Proviamo a ripercorrere questi verbi interrogandoci su come noi guardiamo al Crocefisso e a tutti i crocefissi non solo della storia, ma anche gli attuali in Ucraina nelle città devastate, nelle famiglie disperate, separate, distrutte dal dolore della perdita di familiari, senza dimenticare quelle russe che hanno perso in figlio trascinato in una guerra forse suo malgrado. Come guardiamo ai disperati dei flussi migratori nel Mediterraneo e nella rotta balcanica: su questi non ci vengono più fornite notizie, ma certamente non si sono interrotti. Come guardiamo i malati, gli indigenti, i nuovi poveri, quelli che la pandemia e questa guerra continuerà a far crescere anche da noi (il Veneto è la Regione che, in Italia, negli ultimi tre anni ha fatto il balzo più alto nell’incidenza della povertà relativa sulla percentuale del totale delle famiglie) ….

C’è chi semplicemente “osserva” come se fosse uno “spettacolo”, semplici distaccati spettatori di immagini televisive alle quali ci si può forse abituare; qualcuno probabilmente se ne va “percuotendosi il petto” chiedendosi a cosa abbiamo ridotto la nostra umanità. 

Di fronte alla sofferenza frutto anche di brutalità, si può rimanere impietriti o, viceversa, sentirsi coinvolti pur essendo lontani dai fatti; oppure si può rimanere increduli, guardando il frantumarsi delle speranze in un futuro che si immaginava o sperava diverso, per il quale si stava anche lavorando. 

C’è chi si coinvolge facendo propria, quasi partecipandovi, all’esperienza dell’ingiustizia alla quale si assiste, comprendendo che quei morti sono o possono essere considerati dei “giusti”. C’è chi guarda con i medesimi occhi delle donne al sepolcro, coinvolte e pensose; ma fermandosi a questo essere rassegnati e impotenti.

Sono tutti sguardi che hanno bisogno di un salto in avanti per poter “vedere” veramente e trovare quella pace frutto di giustizia e verità.

 

Lo sguardo che Gesù rivolge a Pietro è radicalmente diverso. Luca usa un verbo particolare: em-blepo composto da blepo che significa guardare, contemplare, percepire con gli occhi, preceduto dalla preposizione en (=in), a sottolineare il guardare “dentro”, in profondità. Questo sguardo provoca in Pietro il ricordo delle parole del Signore che fanno sgorgare il suo pianto. 

Non è questo un semplice particolare “curioso” che Luca inserisce nel suo racconto, bensì è un messaggio molto importante anche per noi. È uno sguardo che non fa semplicemente “ricordare” delle parole, ma che fa radicalmente cambiare atteggiamento: provoca adesione, partecipazione, coinvolge nella vita di chi lo ha posto su di noi; in una parola: la fede. La stessa esperienza le faranno le donne al sepolcro la mattina della risurrezione, i due di Emmaus, i discepoli riuniti nel Cenacolo.

Alle donne i due uomini in vesti bianche diranno: “Non è qui, ma è risuscitato. Ricordatevi come vi ha parlato quando era ancora in Galilea”.

Solo se ci lasceremo “guardare dentro” dal Crocefisso e dai crocefissi della storia dei nostri giorni, coscienti che ognuno di questi sguardi è unico per ciascuno di noi, il Signore scolpirà la nostra umanità … se ci saremo tolti il mantello e lo avremo messo davanti ai suoi passi …

(BiGio)

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