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La crisi ucraina può cambiare la politica europea sulle migrazioni?

Chiara Favilli (Università di Firenze) sulle misure straordinarie per i profughi in fuga come possibile modello da adottare anche in altre crisi: “Sono pessimista, la decisione è politica: il fatto che le persone fuggano da una guerra provocata dall’aggressione di uno Stato straniero le ha rese più meritevoli di accoglienza rispetto a tutte le altre che, in questi ultimi 20 anni, hanno tentato di affacciarsi alle porte dell’Europa”


Sono oltre 4,2 milioni i rifugiati in fuga dall'Ucraina che hanno trovato accoglienza in altri paesi europei, dall’inizio dell’offensiva russa nel paese, il 24 febbraio scorso. 
Un flusso straordinario che è stato gestito con misure straordinarie: per la prima volta il Consiglio europeo ha deciso di applicare la direttiva 55/2001 per la protezione temporanea e immediata, alle persone è stato concesso di muoversi liberamente da un paese all’altro e tutti i paesi europei si sono mostrati coesi sulla necessità di accogliere le persone e non limitarne i movimenti. Allo stesso tempo altri richiedenti asilo provenienti da altri contesti di conflitto, come Siria e Afghanistan, sono bloccati ai confini, nei campi di Lesbo, sulla rotta balcanica, ai valichi di frontiera fra Italia e Francia. Questo doppio standard sulla protezione e l’accoglienza rimette in discussione alcuni principi del diritto d’asilo e interroga sulle politiche migratorie messe in atto negli ultimi anni. Quanto e come quello che sta accadendo in questi giorni potrà cambiare l’approccio degli Stati Ue verso chi chiede asilo? E’ possibile che questo precedente così importante, anche nei numeri, possa costituire un modello di intervento replicabile anche nel caso di altre crisi umanitarie? Lo abbiamo chiesto a Chiara Favilli, membro Asgi e docente di diritto europeo all’Università di Firenze. 


Le risposte a queste domande a cura di Eleonora Camilli a questo link:





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