E alla fine seguirlo di nuovo

Si avrebbe voglia di iniziare dalla fine, da quel Seguimi, che è detto a Pietro proprio quando tutto sembra finito, quando il libro sta ormai per chiudersi, quando il sipario sta per calare. 

Seguimi è il fine di tutta la vita, è l’inizio di ogni virata, di ogni tornante che è sempre in salita. Seguimi è l’annuncio che è sempre possibile restare insieme, anche in mezzo a cadute e ferite. Seguimi è scommessa che dice fiducia, è riscatto che abilita e dona, è comunione che viene offerta. Seguimi è invito che dice credimi, amami ancora, vivi di me e saprai anche morire vivendo, saprai lasciare che le tue mani siano tese da altri e restino aperte su Dio, sul mondo e sulla vita perché ormai hai saputo che ogni cammino può diventare sequela, ogni caduta può farsi incontro, ogni notte può aprirsi all’alba, ogni fallimento diventare risorsa, ogni pesca infruttuosa raccolto abbondante.




È l’ultima manifestazione, in Giovanni, del Maestro ai discepoli. Essi sanno già egli è risorto, ma non sanno nulla della loro vita, cosa abbia senso per il loro futuro, dove abbia termine il loro cammino. 
E in Pietro, prima ancora di vedere il pastore, colui che pasce la Chiesa per conto di Cristo, è bene vedere ogni volto, vedere lo stile di ogni chiamato, di ogni figlio di questo mondo che è stato attratto dall’amore divino. 

Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci (Gv 21, 4-6)

Dopo la notte l’alba arriva sempre. Arriva un giorno che cancella gli incubi e chiarisce le cose, che mette a tacere i sinistri rumori e fa vedere ciò che già si conosce. Ma non sempre l’alba riempie le mani, non porta sempre abbondanza di vita. Le reti restano vuote e allora solo un incontro può dare senso alle notti vane, ai vuoti e ai fallimenti, alle fatiche che non hanno futuro.

Gesù stette sulla riva. Arrivato dal nulla rivolge parole che scavano a fondo del loro niente. 
Non si erano accorti che era Gesù, ma quella domanda rimesta il cuore. Figlioli, perché nati da un nuovo parto, perché figli del suo travaglio, perché nati dalla sua agonia. Non basta essere nati una volta, non basta aver aperto gli occhi sul mondo, ci vuole qualcuno che ci rigeneri, che ci riapra ogni volta lo sguardo, che ci ricordi che siamo figli perché è l’amore a rimetterci in vita. Eppure il suo chiamarli figlioli si unisce a quella dura domanda. Non hanno nulla da mangiare, non c’è nulla con cui riempire la vita, non c’è niente con cui mettere a tacere il bisogno che dentro ci scava. Quella domanda è sguardo che azzanna, è rimando a fatiche inutili, a propositi andati perduti, a progetti mai realizzati. 
Non basta decidere di andare a pescare. Ci vuole ben altro per avere cibo, ci vuole altro per restare vivi. E i sette non possono far finta di niente. La domanda è cruda ed è nuda la loro risposta. 

E l’alba si fa più vera. E gli sguardi ora più aperti. Non c’è nulla da mangiare se si è soli e tra disperati, se si è di notte senza una guida, se si è in cerca di consolazione. Il mare, che è morte e male, angoscia e pericolo, non dona da sé il suo bottino, non porta alla luce ciò che trattiene.
Ed è davanti ai fallimenti umani, alle reti rimaste vuote, ai progetti andati in fumo, ai propositi ormai falliti, ai desideri diventati disastri, che la voce di quell’uomo insolito, che ci ha generati e rimessi al mondo, spinge ora a provarci ancora, a riprovare a raccogliere vita, a scommettere su un nuovo raccolto. Gettate e troverete, provateci ancora, non per impegno e forza d’inerzia, non per assillo e prepotenza, non per testardaggine e presunzione, non per orgoglio e sicurezza, ma solo per aver accolto un invito nuovo, inopportuno e inadeguato....

Solo l’amore per Cristo abilita al dono, solo l’amore rende adatti al servizio, solo l’amore consente il potere. Perché potere, di Pietro e di tutti, è solo quello poter amare Cristo amando ciascuno, prendersi cura e nutrire greggi, pascolare e condurre a ristoro. E non importa come vada a finire, se saranno altri a cingere vesti, ad allargarti con forza le braccia. Perché ora Pietro può seguire di nuovo il Maestro, perché ogni chiamata è sempre la prima, è solo il contesto di nuovi appelli, di nuovi inviti a raddrizzare il cammino, ad iniziare nuove avventure. Seguimi è invito e dolce promessa che, attraverso le cadute e le miserie, i rinnegamenti e le paure, giunge per noi un nuovo appello, una chiamata a salire ancora, fino a giungere in Croce con lui per essere complici del suo dono d’amore. 

(dal Blog di Marco Manco)




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