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Domenica delle Palme – Lc 19,28-40 (l’Ingresso a Gerusalemme)

Il primo invito che ci viene proposto al nostro ingresso in questa Grande e Santa Settimana è lasciare le nostre sicurezze ("i nostri mantelli") e stenderle davanti a Gesù che passa nella nostra vita affidandoci a lui



Siamo all’inizio, come la chiamano i Padri della Chiesa, della Grande e Santa Settimana. Il cammino che ci ha fatto fare la Quaresima seguendo l’Evangelo di Luca ci ha messo di fronte ad alcuni atteggiamenti che formano l’attenzione con la quale il Padre ci guarda e ci accompagna: attenzione, ascolto, pazienza, fatica, fiducia. Ci viene chiesto di farli nostri di fronte ai fatti della storia perché fondano un cambiamento radicale nel guardarli, ci rende prudenti nel giudicarli guardando prima di tutto noi stessi e al nostro ruolo di fronte alle persone che ci circondano, ci rendono coscienti che ciascuno porta il peso del proprio peccato per il quale al Padre si può solo chiedere di articolare la sua giustizia con la sua misericordia e la sua fedeltà al Patto. Noi non riusciamo a rimanervi fedeli: lui sì perché non può smentire sé stesso ed è su questo che si fonda la speranza della nostra salvezza. 


Oggi celebriamo innanzitutto la fedeltà di Gesù alla missione affidatagli dal Padre. Una fedeltà che ha molto da insegnare a noi che fatichiamo a rimanere fedeli ai nostri impegni, alle nostre promesse: dal piccolo impegno quotidiano, alle grandi scelte della vita che comportano costanza, metodo, fedeltà a noi stessi e a coloro con i quali condividiamo la vita fatta di esperienze, gioie e fatiche. Più non ci riusciamo, più il Signore ci riempie di amore per permetterci di ripartire, di rimetterci in cammino, di spogliarci del male fatto e di poterci incamminare rinnovati verso un altro modo di vivere come l’adultera nell’Evangelo della scorsa settimana.

 

Gesù a “muso duro” cammina deciso davanti a tutti non verso Ierousalèm, il nome biblico della città santa, che Luca usa sempre, tranne che in questa occasione, nella quale invece la chiama con il nome profano della città colpevole di non aver riconosciuto Gesù come il suo Signore: Hierosòlyma.

La folla lo segue e, spogliandosi dei mantelli, li stende davanti a lui. Togliersi il mantello significa assumere un atteggiamento di fiducia, di affidamento. Il mantello in un certo senso rappresenta la casa, il luogo dentro il quale ci si rifugia, ci si rintana, si cerca protezione, sicurezza. Più volte nelle Scritture viene evidenziato come il togliersi il mantello e mettersi in piedi sia il primo segno di una rinascita, come nel caso del cieco Bartimeo.


Lasciare le nostre sicurezze e stenderle davanti a Gesù che passa nella nostra vita affidandoci a lui, è il primo invito che ci viene proposto al nostro ingresso in questa Grande e Santa Settimana, per poter alla fine essere rivestiti da quel manto luminoso che si è visto ricoprire Gesù nella sua Trasfigurazione.

Al contrario invece Gesù ci appare come padrone degli eventi che stanno accadendo intorno a lui. Non è in balia della sorte, né degli uomini, ma è signore della sua vita. Tutto avviene come lui dispone, nulla è frutto del caso o di trame umane, tutto è all’interno di una sua libera scelta alla quale aderisce con risoluta fedeltà.

(BiGio)

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