Se non fosse per le immagini che quotidianamente scorrono davanti ai nostri occhi e le drammatiche testimonianze della guerra, l’intervento del Console Generale della Repubblica popolare cinese di stanza a Milano, Kan Liu, pubblicato il 31 marzo scorso nell’inserto milanese del Corriere della Sera (“La prassi cinese per la democrazia, la pace e lo sviluppo”) ci farebbe sorridere. Ma così non può essere, non questa volta. E non solo per la gravità di quanto sta avvenendo in Ucraina e per la preoccupazione per quello che avverrà in Europa, ma perché c’è un limite anche per la propaganda del “più grande partito di governo al mondo”, se si vuole mantenere un accettabile livello di credibilità. La posizione cinese di neutralità o equidistanza, come qualcuno ha tentato di definirla finché è stato possibile, di aperto sostegno ai russi com’è risultato man mano che le giornate passavano e i bombardamenti si facevano più intensi, spiega l’attivismo mediatico del Console, non nuovo a esternazioni di questo tipo, pubblicate a pagamento, come se venissero reclamizzati telefonini di ultima generazione o creme di bellezza.
“Cina e Russia hanno adempiuto attivamente alle loro responsabilità, hanno promosso una risposta unitaria contro il Covid, hanno comunicato il vero significato della democrazia e dei diritti umani e hanno agito come baluardo per seguire il vero multilateralismo e sostenere l’equità e la giustizia nel mondo” (corsivo mio). Con queste parole si era espresso Xi Jinping nel corso di una telefonata con Vladimir Putin a inizio dicembre 2021. “Democrazia”, precisa ora il Console, che nel caso cinese sarebbe “caratterizzata da un alto grado di apertura, inclusività e cosmopolitismo, con una solida garanzia politica derivante dalla direzione del Partito Comunista Cinese”. Si tratta di un esercizio di retorica politica temerario, soprattutto alla luce della rovinosa piega che hanno preso gli eventi. L’invasione militare di uno stato sovrano con uno spiegamento di forze imponente da parte del maggior “quasi-alleato” della Cina è avvenuta in un momento in cui Pechino si è trovata a fronteggiare seri problemi interni di natura finanziaria causati da un debito pubblico imponente e dalla cattiva gestione di alcuni comparti del sistema produttivo ed economico, primo fra tutti quello dell’edilizia, ma anche impreviste difficoltà che il progetto della Nuova via della seta va incontrando lungo il suo cammino. Inoltre, la controversa strategia di azzeramento dei contagi da Covid-19 ha causato il caos nella catena dei rifornimenti con grave danno per la produzione e le esportazioni, acuendo il disagio sociale e costringendo le autorità ad avviare politiche di chiusura e di controllo sociale sempre più restrittive.
L’invasione dell’Ucraina e le molteplici implicazioni ad essa collegate hanno evidenziato la reale portata dello scontro in atto tra Stati Uniti e Cina, che vede Russia e Unione Europea nel ruolo di coprotagonisti – anche se al momento sembra che il palcoscenico sia loro. I vantaggi di natura geopolitica, e non solo, che la Cina prevede di trarre dal riassetto dell’ordine mondiale in corso sono di non poco conto, se così non fosse Xi Jinping avrebbe cercato di fermare per tempo il suo “migliore amico”. (...)
L’iniziativa di Putin ha dischiuso prospettive interessanti per la Cina sul piano geopolitico, che travalicano le momentanee difficoltà di carattere commerciale, come si evince dall’intensa attività diplomatica di Cina e Russia con i paesi che non si sono associati alla condanna dell’invasione russa, con particolare attenzione a quelli africani, all’India e al Pakistan, pericolosamente entrato in fibrillazione. Sono in corso trattative frenetiche per tessere nuove alleanze strategiche volte alla creazione di un ipotetico terzo polo che, pur condannando la guerra, superi la contrapposizione bipolare pro-Putin o pro-Nato, ipotizzando un nuovo ordine internazionale multipolare che il ministro degli Affari Esteri Sergej Lavrov non ha mancato di definire “più giusto e democratico di quello attuale” (corsivo mio). A tutti gli effetti la nuova alleanza non potrà che porsi in netta contrapposizione all’Occidente, rientrando dunque nella logica dello scontro tra Cina e Stati Uniti per la leadership mondiale. C’è da chiedersi quale sarà la reazione degli Stati Uniti, non solo nell’immediato, ma anche in una prospettiva di lungo respiro, e quale sarà il ruolo della Russia, che con tutta probabilità uscirà da questa guerra più debole militarmente ed economicamente: accetterà come inevitabile la sudditanza alla Cina o pretenderà un ruolo paritario che da parte cinese non le verrà mai riconosciuto? E quale sarà il ruolo dell’Unione Europea, più coesa al momento (fino a quando?) ma indebolita in prospettiva sul piano economico: riuscirà a trovare una propria via che la renda indipendente dall’influenza e dalle ingerenze di Stati Uniti e Cina e dai ricatti della Russia o il suo destino rimarrà strettamente legato a quello degli Stati Uniti? E l’Italia, in questo contesto così complesso, saprà esprimere una classe dirigente all’altezza di sfide di tale portata o sarà condannata al declino?
L'intera interessante analisi, che cerca di guardare oltre il presente, continua a questo link:
Nessun commento:
Posta un commento