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I dibattiti sull’invasione dell’Ucraina e il nostro bisogno di preservarci

La vitalità di una democrazia si diagnostica in base alla vivacità del suo dibattito interno. Almeno da questo punto di vista possiamo essere felici degli angosciati scontri che in questi giorni portiamo avanti a tutte le altezze. Piccole conferenze di Yalta si tengono al bar di riferimento, prove generali di negoziato si stilano nelle bacheche dei social, i giornali si industriano, e si infiammano i dibattiti dove si scontrano i diritti all’etica dei maitre a penser di nuova generazione, o saliti nuovamente alla ribalta. Ma il dibattito sull'invasione in Ucraina parla soprattutto di un bisogno sotteso e persino disperato: quello di preservarsi.


Nell’impossibilità di incidere davvero sul corso della Storia con la S maiuscola, i cittadini esorcizzano il proprio timore e la propria impotenza informandosi e ridefinendo la propria posizione in merito alla guerra in Ucraina. “Noi, che siamo professori universitari o giornalisti” diceva ansioso per esempio Alessandro Orsini alle telecamere di Piazzapulita nella puntata del 10 marzo, “siamo pagati per pensare!”. Che è un bellissimo concetto, con una sua verità, ma che mi è parso venato da un certo egotico ottimismo. Non è sicuro che il presidente del Consiglio gli faccia cioè una telefonata, prima del prossimo incontro diplomatico, ancora più remota è l’ipotesi che lo faccia Zelensky, e gli dica “grazie, Ale, meno male ci sei tu” - Putin non lo consideriamo perché Putin è in questo dibattito la grande rogna che per diversi motivi, non si discute, al massimo si blandisce.

Abbiamo ottime ragioni per essere così scatenati, così rabbiosi e così empatici. L’invasione dell’Ucraina ha rinverdito le antiche ostilità tra NATO e imperialismo russo. L’Ucraina, sola davanti a un invasore spropositatamente potente, sollecita in ogni modo i paesi NATO e l’opinione pubblica occidentale con una strategia emotiva molto efficace. D’altra parte la scelta militare di Putin più che una “denazificazione” sembra essere l’inizio di un'avanzata territoriale che potrebbe continuare oltre i confini ucraini. Come facciamo a non essere tutti spaventati? Tutte queste forze spingono per un conflitto di portata mondiale, perché oltre all’Ucraina potrebbero intervenire Stati dotati di difese nucleari. Questa cosa ci toglie il fiato e la esorcizziamo come possiamo. Siamo oltretutto in un’epoca di interconnessione perenne e, come è stato per la gestione emotiva della pandemia, gestiamo emotivamente la minaccia nucleare con una collettivizzazione degli interrogativi politici. Cosa sarebbe meglio fare?


L'intera analisi di Costanza Jesurum a questo link:



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