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Sabato Santo: dall'abisso di Giona, all'Amore del Cantico

Sabato Santo è il giorno del grande silenzio che è stupore, sorpresa e attesa. Il Signore è riposto nel sepolcro: ma può forse la Vita rimanere inattiva? 


Ci aveva detto che avremmo avuto solo il segno di Giona che inizia la sua parabola scendendo … scende a Giaffa per imbarcarsi verso Tarsis … scende nel fondo della stiva della nave … scende nell’abisso del mare … scende nel ventre del pesce e qui, pregando, rilegge la sua esperienza:

 

Mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare,
e le correnti mi hanno circondato;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
Io dicevo: «Sono scacciato
lontano dai tuoi occhi;

Le acque mi hanno sommerso fino alla gola,
l'abisso mi ha avvolto,
l'alga si è avvinta al mio capo.
Sono sceso alle radici dei monti,
la terra ha chiuso le sue spranghe
dietro a me per sempre.

Quando in me sentivo venir meno la vita,
ho ricordato il Signore.
La mia preghiera è giunta fino a te

Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita,
Signore, mio Dio.

 

E il pesce rigettò Giona sulla spiaggia che, ob torto collo, iniziò a rapportarsi con un popolo altro dal suo …

 

Anche la nostra umanità sta scendendo sempre più nella fossa e, forse, sarà necessario scendere ancora più in fondo prima che si riesca a rileggere quello che accade in modo critico traducendolo in invocazione di salvezza … poi ci troveremo in una storia nuova da costruire.

Le acque, l’abisso del mare simboleggiano una realtà nella quale è difficile trovare il bandolo dalla matassa, è caos dal quale riuscire a tirare fuori il cosmos separando il male dal bene come ha fatto Dio nel racconto della Genesi e in quell’evento che è stata la vita-passione-morte di suo Figlio, rispondendo con il suo “sì” alla concreta fedeltà lungo tutta la sua esistenza fatta di amore e misericordia. 

Ora sta e starà a noi che, partecipando a quel Pane unico dell’Eucaristia, diventiamo le sue mani operose: ne saremo capaci? Sapremo ricostruire una realtà di amore e misericordia sulle macerie di armi e distruzioni, oppure … oppure non ci resta che sperare che non abbia ragione il teologo olandese Schiellebeck giunto a ipotizzare che il “peccato originale” dell’umanità potrebbe essere la sua autodistruzione con l’uso delle armi nucleari … 

 

Sappiamo però che Gesù, disceso agli inferi in cerca di Adamo, lo trova e lo trascina tra i viventi. È questa la nostra speranza che, nella fede, è una certezza. Non ci rimane allora che continuare ad invocarla, a cercarla seguendo le intuizioni d’amore del Cantico dei Cantici che la Chiesa Ortodossa invita a pregare il Sabato Santo.

Facciamo nostro l’invito dell’Amato ad alzarci e a venire presto a lui:


«Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico sta maturando i primi frutti
e le viti in fiore spandono profumo.
Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
O mia colomba,
che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è incantevole».

 

Sperando di saper chiedere e, una volta trovato l’Amore di saperlo stringere forte e di saperlo non lasciare più andare via ….

 

«Avete visto l'amore dell'anima mia?».
Da poco le avevo oltrepassate,
quando trovai l'amore dell'anima mia.
Lo strinsi forte e non lo lascerò.

 (BiGio)




 


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