Adesso che il Cristo degli ucraini è sceso dalla sua croce proprio nei giorni della resurrezione per risalire l’angoscia del suo ultimo Calvario, mentre il Patriarca di tutte le Russie Kirill invoca da Mosca lo stesso dio, chiamandolo a benedire la guerra di Putin, bisogna provare ad aprire il tabernacolo russo della santa fede per cercare le radici spirituali del conflitto.
Culla della Rus’ antica e custode del mistero del suo battesimo, l’Ucraina conta un dio solo conteso tra quattro Chiese, tutte cristiane, una ortodossa di obbedienza a Mosca, un’altra che lega la sua ortodossia a Costantinopoli, una terza sempre ortodossa ma autocefala e infine una cattolica uniate, di osservanza romana ma di rito bizantino. La benedizione imperialista di Kirill all’invasione ucraina dell’Armata di Putin ha rotto l’equilibrio concorrente tra le quattro declinazioni della stessa religione, col Patriarca che oggi rievoca l’eterna dannazione russa dell’Anticristo, tornato nel mondo per infrangere l’unità spirituale della terra russa, e una rivolta di 240 popi che si schierano contro la guerra e prefigurano lo scisma: chiedendo la sostituzione di Kirill, il cui nome è già stato cancellato dalle invocazioni rivolte al Signore nelle solenni preghiere durante la messa, quando le vecchie credenti si inginocchiano davanti ai bracieri dorati dove si consumano le candele. Che secondo Bulgakov non devono illuminare, ma ardere in perpetuo.
è in Ucraina, anzi in Galizia che si incontrano e si scontrano le geografie e le liturgie, in un contrasto che è insieme religioso e politico. Qui mentre l’ortodossia ha perfezionato nei decenni e nelle diverse ere del sovietismo un suo modus vivendi con la fede comunista di Stato, il cattolicesimo latino ha dovuto inventare un suo specialissimo modus non moriendi per salvaguardare una sopravvivenza orientale di fedeltà ai Papi di Roma, continuamente celata.
L'intero articolo di Ezio Mauro a questo link:
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