Non basta sapere che Gesù è il santo di Dio; anche il demonio lo sa. Occorre lasciare che la sua parola ci ferisca, ci svuoti sempre più da ogni pensiero malvagio, fino a farci diventare dimora del Santo di Dio
Gesù entra a Cafarnao e subito si mette a insegnare nella sinagoga, ma, cosa strana, per un luogo così santo, c’è uno spirito impuro che subito si mette a gridare. Parla di sé al plurale: “Che vuoi da noi?”; è uno spirito che dà voce a un’intera banda di demoni e che confessa di sentirsi minacciato da ciò che gli fa più orrore: la santità. È uno che sa, non crede, ma sa. Gesù interviene con forza, impone il silenzio. Lo spirito esce provocando una specie di agonia (cf. Mc 9,26). Nel vangelo secondo Marco le guarigioni sono sempre delle lotte terribili. I presenti sono spaventati e si interrogano; è entrata in scena una nuova forza, potente, che comanda agli spiriti impuri.
Tutta la Bibbia ci narra che la Parola di Dio si è fatta prossima all’uomo, ma al desiderio di prossimità della Parola sembra rispondere un desiderio di fuga, di distanziamento da parte dell’uomo. Questo racconto ci ricorda che possiamo essere dentro materialmente il luogo della parola, il luogo in cui la parola viene spezzata, ma restare al di fuori di un rapporto veritiero con essa. Accade di frequente, ci dice il Nuovo Testamento: accade al fariseo che prega nel tempio, accade a quest’uomo nella sinagoga di Cafarnao che apparentemente sta nell’assemblea santa, apparentemente in comunione con i fratelli, ma con il cuore è lontano dal Signore e dai fratelli. Gesù insegnando con autorità, lascia che la Parola faccia la verità. Compito del profeta, diceva Agostino, è togliere il peccato da dietro le spalle e porlo dinanzi agli occhi affinché lo vediamo e opponiamo un no deciso al male.
“Taci! Esci da lui!”. Gesù non accetta alcun dialogo, non entra in discussione, impartisce un ordine brusco. Nessun compromesso. Se il vangelo di Giovanni ci narra la purificazione del tempio, questo passo del vangelo di Marco ci narra la purificazione del cuore. Invece di ascoltare la Parola, quante volte finiamo per mercanteggiare con essa, per opporle dei limiti. “Che vuoi da me?”. Vorremmo un Dio che ci approva e ci consola, un Dio che si fa complice delle nostre debolezze, vorremmo un vangelo senza croce, senza morte a noi stessi, senza l’incessante fatica della conversione.
“Che vuoi da noi? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. Ma il santo di Dio che vuole regnare sull’uomo non tollera la presenza dello spirito immondo, e il vangelo secondo Marco al cap. 7 ci dice in che cosa consiste questo spirito immondo, molteplice che fa dire “noi”; sono le intenzioni cattive, gli omicidi, gli adulteri, le cupidigie, le malvagità, l’inganno, le guerre … Gesù è il santo di Dio, ci vuole santi, cioè modellati dalla sua Parola.
Scrive Basilio: “Come la Parola vuole che siano i cristiani? Quali discepoli del Signore, modellati solo su ciò che vedono in lui e da lui odono. Che cosa è proprio di chi crede nel Signore? Il conformarsi con piena certezza alle parole della Scrittura senza osare togliere o aggiungere nulla” (Regole morali 80,1.22).
Non basta sapere che Gesù è il santo di Dio; anche il demonio lo sa. Occorre lasciare che la sua parola ci ferisca, ci svuoti sempre più da ogni pensiero malvagio, fino a farci diventare dimora del Santo di Dio.
(Lisa di Bose)
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