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La perfezione dei giorni e la lode nel tempo: su “Perfect Days” di Wim Wenders

Guardare in alto, la mattina, uscendo di casa. Respirare a pieni polmoni all’inizio di una giornata di lavoro. Ammirare con letizia il giorno che comincia. Questo si ripete sempre. La ripetizione è il segreto di tutta la prima parte del film.


Hirayama, un 50enne giapponese, la mattina si sveglia al suono della scopa con cui l’anziana vicina spazza la strada. Ripiega minuzionamente materasso e coperte del suo letto, si lava i denti, spruzza con gioia acqua nebulizzata sulle sue piccole piante, che guarda compiaciuto, indossa la tuta da lavoro, recupera telefono, macchina fotografica, chiavi spiccioli e poi apre la porta. Uno sguardo al cielo, con occhio emozionato e pieno di stupore, poi da una macchinetta di fronte a casa compra una lattina di caffé freddo e dopo un breve controllo al furgone, accende il motore e si avvia verso il centro della città. Lo attendono decine di toilettes pubbliche, da pulire con una meticolosa cura e un’incredibile precisione.
Lo sguardo sereno di Hirayama si altera appena solo quando entra in campo l’amore. Prima l’amore di amicizia, poi l’amore di famiglia, poi l’amore di passione. 

Infine il gran finale, in cui Hirayama, sulle note di una canzone famosa, accompagnato dal ritmo incalzante dei tromboni, guarda la città, mentre è alla guida e lascia trasparire la gioia e il dolore, la memoria e la attesa dal suo volto quasi incantato, segna la possibilità di una trasfigurazione, di una gioia più profonda, custodita dalla vita più elementare, che non si scherma dall’amore, ma che lo accosta con pudore, con dolcezza e con speranza. 

L'intera recensione di Andrea Grillo di questo grande film assolutamente da non perdere è a questo link: 


1 commento:

  1. Grazie, bel commento di un film che mi è piaciuto moltissimo che sottolinea aspetti e offre una rilettura di un'opera dove l'immagine e le espressioni dicono tutto: le parole non servono. È pura immagine, puro cinema!

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