C'è un lato tragico e sapienziale del cristianesimo, spesso trascurato, che sarebbe fondamentale per affrontare "le trame del male" e la "logica della guerra" che impazza...
Quante volte, dall’adolescenza ad oggi, ho ascoltato da esterno o sono stato coinvolto in ragionamenti critici su un certo moralismo sterile e noioso che caratterizzerebbe parte della Chiesa cattolica. Poche volte, invece, ho visto nel cattolicesimo feriale mettere l’accento su questioni etiche feconde e interessanti che, invece, dovrebbero essere sempre più affrontate e discusse per la loro importanza circa il nostro futuro di paesi (ancora) democratici.
Una di queste sarebbe a nostra disposizione durante il tempo di Natale, tra il 26 e il 28 dicembre di ogni anno liturgico, se solo si volesse puntare su di essa qualche riflettore. Ma, come cantava Luca Carboni in Una grande festa, «la morte no, non è mai stata un argomento pop / il dolore e l’ingiustizia no, non brillano neanche un po’». Resta il fatto – anche se oscurato – che non si fa a tempo a festeggiare il bianco Natale che esso, tra la morte violenta di Stefano (approvata addirittura dal futuro San Paolo – At 8,1) e la strage dei neonati comandata da Erode per uccidere anche il piccolo Gesù (Mt 2,16), si tinge di rosso.
La riflessione di Sergio Ventura continua a questo link:
Nessun commento:
Posta un commento