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I Quaresima – Lc 4,1-13

Viviamo immersi nelle tentazioni, "gettati di qua e di là dal divisore", ma ci è stata data una via per uscirne


Come ogni anno, nella prima domenica di Quaresima, la liturgia ci pone di fronte alle tentazioni di Gesù che nei sinottici assumono differenze anche notevoli.

La prima diversità che incontriamo nella versione Luca, è che Gesù dopo il battesimo, non è “cacciato” nel deserto dallo Spirito come in Marco e nemmeno condotto da lui “per essere tentato” come in Matteo, bensì vi viene “accompagnato” per tutti i 40 giorni durante i quali viene tentato dal diavolo. Questa parola viene dal greco “diabàllo” che significa “gettare di qua e di là” o “sperperare” e, da qui, “calunniare, accusare”. Non a caso diàbolos, colui che divide, si oppone a symbolon, ciò che unisce: quello che si deve opporre al diavolo è quindi il “Simbolo di Fede” rinunciando a lui, come affermiamo nelle promesse battesimali.

 

Nella vita (40 è il numero che indica una intera esistenza) tutti facciamo esperienza di essere continuamente “sbattuti di qua e di là”, a dover scegliere una strada piuttosto di un’altra, questa azione e non quell’altra. Non per nulla il Discorso della Pianura, che è stato proclamato nelle ultime tre domeniche, ci ha posto di fronte alla scelta che continuamente si deve fare tra due vie. 

Luca desidera farci comprendere che anche Gesù ha vissuto l’intera sua esistenza “gettato qua e là” dal “divisore”. Però, come lui, anche noi abbiamo al nostro fianco lo Spirito che ci accompagna passo dopo passo, senza abbandonarci mai, rimanendo sempre con noi. Il nostro compito, è quello di opporsi al divisore, tenendo diritta la barra sulla nostra sequela del Signore, senza lasciarsi distrarre da nulla.

 

Il deserto pianeggiante, la cima di un alto monte e il pinnacolo del tempio sono i luoghi delle tentazioni quasi a delineare l’intero percorso terreno che fa Gesù, tutto in salita verso Gerusalemme dove vivrà la sua passione-morte-e-risurrezione.

Contemporaneamente anche le tentazioni salgono in un crescendo di importanza: dai bisogni basilari della vita (il pane per sfamarsi), alla scorciatoia per raggiungere quello che a Gesù spetta di diritto. Il diavolo afferma che può dargli “la potenza e la gloria di questi regni perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio” e può dirlo in verità perché, di fatto, è il “principe di questo mondo”. 

Nella terza ed ultima tentazione il livello si alza ancora e giunge ad un subdolo dibattito esegetico sulla Scrittura.

È da notare che il diavolo ne riporta sempre le parole inglobandole all’interno del suo dire mentre, Gesù, la cita senza aggiungervi nulla. Vale a dire che è necessario stare attenti a come usiamo la Parola di Dio perché, il farlo frapponendo o inserendo – pur con tutte le più buone intenzioni – le nostre parole, si corre il pericolo di travisarla e di farle dire altro rispetto a quanto realmente contiene. In questo divario, il diavolo ha gioco facile nell’inserirsi e vincere. Non è forse quello che è accaduto nella prima tentazione e che incontriamo descritta nel libro della Genesi? Si provi a vedere la differenza tra quanto Dio dice ad Adamo ed Eva e quanto invece quest’ultima riferisce al serpente. Differenze sulle quali si sorvola facilmente ma, di fatto, l’interpretazione che offre Eva del Comando ricevuto, lo riduce nel suo significato; per esempio: la minaccia assoluta della morte certa nel caso avessero mangiato il frutto dell’albero, diventa un “altrimenti morirete” che sottende un “forse” …

Gesù invece si attiene strettamente alla Scrittura e, citandola sine glossa, vince. Il diavolo a questo punto si allontana “fino al tempo fissato” e, infatti, nel racconto evangelico a ci sono altri incontri con il divisore. Saranno diversi gli episodi nei quali il Signore si troverà a fronteggiarlo, fino a quelle finali a partire da quando il diavolo “entra in Giuda, detto Iscariota” spingendolo ad andare a contrattare con i capi dei sacerdoti la consegna di Gesù (Lc 22,3). Infine l’ultima quando, inchiodato sulla croce, per tre volte (il medesimo numero delle tentazioni!) gli viene detto: “Se tu sei il Re dei Giudei, salva te stesso!” (Lc 23,37). Se lo avesse fatto – e avrebbe potuto farlo – avrebbe tradito la sua missione. Tutte e tre le volte l'accento è sull'espressione: "salva te stesso". Questa è la tentazione fondamentale. Nella sua predicazione sulla sequela, Gesù aveva detto: "chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà". Questo insegnamento di Gesù ai suoi discepoli è anzitutto ciò che gli è per primo ha vissuto: si salva la vita donandola, e la si perde cercando di salvarla a scapito di un rapporto più vero e autentico con le cose, con gli altri e con Dio.

 

Se la vita di Gesù è inserita tra due grandi tentazioni, nel deserto all’inizio della sua vita pubblica e alla fine quando è sulla croce, allora significa – come si è già notato – che l’intera sua vita, come la nostra, è immersa in situazioni di “tentazioni”, dall’inizio alla fine. Gesù ha trovato la forza di non cadervi grazie al suo rapporto costante con il Padre che lo ha sempre sostenuto con il suo Spirito, senza mai abbandonarlo. È per questo che ci rivolgiamo a lui nella preghiera che ci ha insegnato il Figlio, invocandolo di non abbandonarci di fronte ad esse, certi che non lo farà.

 

Il nostro procedere sulla strada della sua sequela è più che altro uno zizzagare che un avanzare spedito e diritto. Per questo Luca, senza stancarsi, continuerà a richiamarci che la sua misericordia e il suo sostegno è grande e illimitato. È questo che ci permette nonostante le nostre cadute di riprenderci e, secondo la traduzione di André Chouraqui, di rimetterci in piedi e in marcia sperando e sperando ancora, sempre.

(BiGio)

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