II Domenica di Quaresima: Lc 9,28b-36 - La trasfigurazione


Lasciarci prendere per essere coinvolti nell'ascolto ed avere la nostra vita trasfigurata.
È questa la via che oggi ci viene indicata per uscire dalle tentazioni

Anche a Mosè capitava la medesima cosa quando parlava” con il Signore: la pelle del suo volto diventava raggiante di una tale luce che doveva coprirsi il viso con un velo quando tornava tra il popolo (Es 34,30-35).

L'Evangelo di oggi ci narra che anche il volto di Gesù, mentre era immerso nella "preghieracambiò d’aspetto o, con una riduzione più letterale, divenne “altro”, non un altro volto, ma il suo volto divenne altro, si trasfigurò. Luca è l’unico evangelista a indicare che la trasfigurazione avvenne mentre Gesù pregava e ha già sottolineato quattro volte questo ritirarsi del Signore in preghiera, che diventa quasi una costante nel suo racconto. Con questo intende farci notare la regolare relazione che Gesù, nella sua vita, ha mantenuto con Dio di cui è figlio. È in questa che trova la capacità di essere un figlio obbediente perché quest’ultima è la “qualità” biblica principe di un figlio.

Ce lo dice anche l’Esodo quando racconta che Mosè, dopo aver parlato con il Signore, riferiva al popolo quello che il Signore "ordinava" di fare e, il popolo, rispondeva: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!” (Es 19,8). Non per nulla anche Gesù, dopo la preghiera sul monte dove era salito, sa che cosa deve fare: andare a Gerusalemme dove compirà il suo “esodo”. Da quell’altura anche oggi si può vedere tutti i luoghi che lo hanno visto vivere (da Nazareth al lago, dalla Galilea al deserto verso Gerusalemme). Qui, nella preghiera, confronta la sua vita con la Torà ed i Profeti, acquisendo la capacità di leggere la sua storia. Comprende cosa gli è chiesto dal Padre, cosa desideri da lui e si decide, accogliendo il progetto di Dio per la sua vita.

 

Allora oggi, innanzitutto, ci viene detto che la preghiera è un dialogare, un parlare con il Signore dove al centro c'è l'ascolto di quanto desidera da noi e, infatti, è questo l’invito che chiude l’Evangelo di oggi. Ascolto che genera una cosciente, consenziente obbedienza, per nulla passivamente supina bensì filiale. Per la Scrittura, la specificità dell’essere “figlio” non sta poi tanto nell’essere stato generato da un padre bensì, appunto, dall’essergli obbediente. Per i disobbedienti (in Dt 21,18-21) è prescritta la lapidazione. Vale a dire che non essere conformi alla volontà del Padre, significa allontanarsi da lui, volgerli le spalle e trovarsi lontano dalla sua vita, da quella alla quale ci ha chiamato e donato. Ci si ritrova così in una terra sconosciuta, non illuminata dal suo amore; una terra dove regna l’oscurità e la morte: le tentazioni e il peccato.

L’ascolto del Padre attraverso le Scritture è il primo passo del dialogo della preghiera che ci fa superare le tentazioni fino a trasfigurarci, a renderci sempre più conformi al Figlio, grazie all’opera   dello Spirito Santo, che opera in noi, ci guida nella nostra risposta e ci aiuta a metterci a nudo davanti a Dio. Egli ci conosce meglio di noi stessi, non possiamo quindi nascondergli nulla, possiamo solo chiedergli di avere misericordia di noi, certi di poterci contare perché egli è essenzialmente misericordia.  

Anche Gesù si “spoglia” davanti al Padre nella sua preghiera, ma cosa “vedono” Pietro, Giovanni e Giacomo? che “il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”.

Facciamo fatica a capire. Ma, su questo, la sapienza ebraica può aiutarci a intravedere qualcosa perché narra che, quando Dio creò l’essere umano, lo coprì di pelle (parola che in ebraico si dice ‘or pronunciato con un forte suono gutturale iniziale), ma lo ricopri anche di una veste di luce (in ebraico ‘or però senza la vocalizzazione gutturale). Per questo l’uomo e la donna non si vergognavano della loro nudità prima della disobbedienza e l’aver mangiato del frutto proibito: vedevano infatti quella veste di luce che copriva la loro nudità. Con il peccato la persero e non rimase loro che la pelle di cui ebbero vergogna.

Quando Gesù nella preghiera “si spoglia”, si mette a nudo davanti a Dio, ciò che appare non è la sua pelle, bensì quella veste di luce che non ha perso, perché senza peccato. Le vesti di Gesù non coprono la sua nudità, ma la sua gloria luminosa: ecco ciò che i discepoli videro e così scrive Luca modificando Marco e Matteo. 

 

La nostra esperienza è però simile a quella dei discepoli. Siamo appesantiti, sonnolenti, viviamo nella sicurezza dello status quo che ci intorpidisce, allontanandoci dall'ascolto. Oppure anche a noi può capitare come a Pietro di prendere l’abbaglio e di considerare una bella esperienza non come una sosta che ci rafforza nel cammino che abbiamo da compiere, ma come una desiderabile condizione permanente che ci riconsegna delusi e magari anche amareggiati, al nostro quotidiano.

 

Il racconto inizia oggi con Gesù che “prende con sé Pietro, Giovanni e Giacomo”: lasciamoci “prendere” anche noi da Gesù per essere coinvolti nella sua preghiera. Questo significa quell’essere stati avvolti dalla nube dei discepoli assieme a Gesù, Elia e Mosè. Gesù non solo intercede per noi presso il Padre, ma ci associa alla sua esperienza, ci fa entrare nella sua realtà, ci rende partecipi della sua intimità con il Padre e fa di noi dei figli di Dio, figli nel Figlio.

 

La voce della nube dice: “Questi è il figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”. Luca ha sostituito il titolo “amato” che compare in Marco e Matteo con quello di “eletto”: è il termine con il quale Isaia (42) indica il Servo del Signore che coinvolge anche il popolo di Israele e noi con lui. Dobbiamo però essere coscienti che l’elezione non è un privilegio, è un servizio attraverso il quale ciascuno è chiamato, a suo modo, ad interpretare attualizzandola nella sua realtà la vicenda del servo Gesù Cristo, il suo “esodo”, cioè la sua vita. Per questo la voce venuta dalla nube ci richiama con forza: “ascoltatelo!” Ascoltatelo quando annuncia la sua passione e resurrezione, quando invita chi lo vuole seguire a rinnegare sé stesso e a prendere la propria croce. È questa la via della gloria, è soltanto così che Gesù sarà il Messia confessato da Pietro poco prima.

 

Aiutati da questo ascoltare la volontà del Padre certi che, come ci fa pregare il salmo, potremo contemplare la sua bontà nella nostra vita, non ci abbandonerà mai, non ci nasconderà il suo volto se lo cercheremo con fiducia e costanza. Coscienti anche, come ci ricorda il Prefazio di oggi, che è attraverso la fatica del vivere (la nostra passione), che possiamo giungere al trionfo della risurrezione.

(BiGio)

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