Mentre La prima realtà ad essere descritta nel contesto della preghiera e il volto di Gesù. Il “volto” dice la persona nella sua interezza e nella sua relazionalità, nel suo comunicarsi all’esterno. Infatti è attraverso il volto che l’uomo rivela la sua interiorità, gli aspetti più profondi della sua identità (ciò che sente, ciò che prova, ciò che crede).
Mentre Gesù prega, il suo volto diventa “altro”. Luca non usa il verbo “cambiare d’aspetto, come Marco. Egli dice che nella preghiera il volto di Gesù diventa “altro”, rifulge della santità di Dio. Non dice che diviene un “altro volto”, ma che il medesimo volto diventa “volto altro”. È questo ciò che accade nella preghiera: l’uomo concreto con la sua vita, le sue relazioni, i suoi affetti, le sue convinzioni diviene altro, partecipa dell’alterità e della santità di Dio.
In questo particolare del racconto lucano della trasfigurazione si afferma un elemento molto importante dell’esperienza della preghiera. Infatti nella relazione con Dio il volto dell’uomo diviene “altro”: anche noi rifulge la santità di Dio. Non un “volto altro”, cioè la possibilità di rimanere nella storia con uno sguardo diverso, che è partecipazione allo sguardo di Dio.
Nel contesto della preghiera si inseriscono altri due personaggi che “conversano” con Gesù: sono Mosè ed Elia. Non è certo una forzatura vedere in questi due personaggi un riferimento chiaro alle Scritture ebraiche: la Legge e i Profeti. In Lc 16,29 leggiamo: “Hanno Mosè e i profeti: gli ascoltino!”. In Lc 24,44 si parla di Mosè, dei Profeti e dei Salmi per riferissi alle Scritture: “Bisogna che si adempie a tutto ciò che di me sta scritto nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”.
Ti amo qui un altro elemento importante dell’esperienza della trasfigurazione in Luca: il volto di Gesù diventa “altro” mentre prega e mentre con versa con Mosè e con Elia, la legge e i profeti. L’invito ad ascoltare Gesù, la voce dal cielo, avviene solamente dopo l’averlo visto conversare con Mosè ed Elia. In questa conversazione con le Scritture del suo popolo Gesù prende coscienza del suo “esodo”, della sua Pasqua, che dovrà compiersi a Gerusalemme.
Dopo aver visto l’evento della trasfigurazione dalla parte di Gesù, proviamo ora a guardarlo con gli occhi di Pietro, Giovanni e Giacomo. Attraverso la loro esperienza possiamo cogliere anche qualcosa della nostra. L’esperienza dei tre discepoli è innanzitutto caratterizzata da due “sensi”: prima la visione e poi l’ascolto.
Prima vedono il volto di Gesù di venire “altro” ed è uomini che conversano con lui; poi sentono la voce dal cielo. Vedere ed ascoltare sono i due verbi fondamentali del brano. Prima si vede e poi si ascolta. I verbi vedere e ascoltare ci dicono che tutto dipende dall’iniziativa di Dio. L’iniziativa dell’uomo viene per seconda. Se Dio non fa il primo passo, l’uomo non può nulla. In secondo luogo la precedenza della visione sull’ascolto ci dice che anche l’ascolto è possibile solo dopo un incontro. Solo se abbiamo in qualche modo tra virgolette gustato” la presenza di Dio, possiamo ascoltare la sua voce. Anche nel rapporto con le persone, non possiamo ascoltarle prima di averle incontrate. La visione del volto, infatti, è essenziale per l’apertura dell’ascolto. Così avviene anche nella la nostra relazione con Dio.
L’esperienza di Gesù sul monte della trasfigurazione, nel nostro itinerario quaresimale, non solo ci indica l’identità profonda di Gesù, la sua relazione con Dio, il senso del suo cammino (“esodo”), ma ci rivela anche la nostra identità di discepoli, chiamati a percorrere la sua stessa via.
Quello che Luca ci narra di Gesù sul monte è quello a cui ogni discepolo è chiamato: diventare cioè trasparenza della gloria, uomini e donne dal volto “altro” che, con i piedi saldamente posati nella storia dell’umanità, sanno guardare la realtà con occhi “altri”, perché trasfigurati dall’incontro con il totalmente Altro.
(Matteo Ferrari)
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